di Noemi Stucchi
«Nei primi anni Settanta a Milano succedeva di tutto. La gente protestava per le strade, si votava un referendum sul divorzio, il duello Mazzola e Rivera infiammava lo stadio di San Siro. Le crisi petrolifere obbligava i milanesi alla domenica in bicicletta, i terroristi minacciavano e uccidevano. Insomma c’era quasi una rivoluzione in atto, ma c’era un’altra rivoluzione che stava per cominciare e che ha cambiato per sempre me, Milano e l’Italia e quella io l’ho vissuta da vicino.»
Milano, 1974. Sigla di apertura, “La bambola” di Patty Pravo. Inizia così “Made in Italy”, la serie televisiva sulla moda italiana co-prodotta da The Family Film e TaoDue del Gruppo Mediaset in associazione con Maremosso. Firmata dalla regia di Luca Lucini e Ago Panini, la serie di otto episodi è su Amazon Prime Video e prossimamente in onda su Canale 5. Visto il grande successo della prima serie speriamo presto in un seguito!
A parlare in prima persona è Irene Mastrangelo (Greta Ferro), la protagonista ventenne di umili origini e fresca di studi che, quasi per caso, finisce per trovare lavoro nella redazione di “Appeal”, la rivista di moda capitanata da Margherita Buy nel ruolo di Rita Pasini con la supervisione di Frattini, il capo redattore impersonato da Giuseppe Cederna. Lontano dall’essere un semplice lavoro, ben presto Irene si renderà conto di trovarsi nel luogo e nel momento giusto e ad essere al centro di una delle tante rivoluzioni che avrebbe spianato la strada ai mitici anni ’80: la nascita del pret-à-porter, marchio di fabbrica della moda italiana riconosciuta in tutto il mondo.
Affascinata dall’energia di quel luogo e di quelle persone, Irene farà amicizia con il grafico Filippo (Maurizio Lastrico) e Monica, l’assistente interpretata da Fiammetta Cicogna. La redazione è spaccata a metà, tra vento di innovazione contro guadagno economico privo di rischi, fazione sostenuta da Lodovica (Valentina Carnelutti) e il caporedattore Nava (Sergio Albelli).
In linea con le dinamiche sociali di quegli anni, la vita di Irene cambia radicalmente. Sempre più libera e disinibita, in un’occasione si lascia andare anche con John, il fotografo interpretato da Marco Bocci.
Come in una fiaba moderna, si sta dalla sua parte. Irene impara a farsi strada nella carriera giornalistica e nella moda con determinazione anche grazie agli insegnamenti di una severa Rita Pasini, un po’ come nella storia di “Il diavolo veste Prada” con quell’effetto pigmalione tra Meryl Streep e Anne Hathaway.
Proprio come lei, lo spettatore sogna di essere parte di un mondo glamour con tutte le sue luci della ribalta. Ma il tentativo della serie è anche quello di raccontare in sottofondo gli anni Settanta con ogni sua lotta, a partire da quelle studentesche e operaie per i diritti sul lavoro fino all’emancipazione femminile, sfiorando tematiche delicate come quella della droga, della condizione omosessuale e della differenza generazionale tra genitori e figli.
La serie piace non solo per il cast d’eccezione ma anche per voler raccontare i protagonisti della moda italiana di puntata in puntata quasi con intento didattico. Molto distante da uno scopo documentaristico, la storia viene raccontata attraverso la fiction lasciando l’approfondimento alla curiosità dello spettatore.
Nel percorso di crescita professionale dell’apprendista si può trovare un espediente per entrare in contatto con i personaggi che hanno caratterizzato un’epoca e che proprio in quegli anni stanno muovendo i primi passi. È così che vengono presentati grandi stilisti come Krizia ovvero Mariuccia Mandelli (Stefania Rocca), Ferré, Fiorucci, Curiel, Valentino, tanto per citarne alcuni. Posto di rilievo anche per l’imprenditore tessile Davide Frangi (Andrea Bosca), Gianni Versace, i coniugi Rosita e Ottavio Missoni (Claudia Pandolfi e Enrico Lo Verso), un Giorgio Armani interpretato da Raul Bova che in quegli anni sta lavorando alla sua prima collezione donna. Con menzione a Beppe Modenese si parla di IdeaComo, la fiera del distretto tessile che ha il merito di aver riunito i diversi protagonisti del settore moda. Non solo; nella serie viene citato spesso Walter Albini che ha ideato la Fashion Week come la conosciamo oggi spostando l’epicentro della moda da Firenze a Milano. Tra i vari meriti, è lui che ha creato la formula della doppia collezione pensando alla moda come a una Linea trainante sostenuta da una più semplice per un pubblico differenziato.
Tra realtà ed espediente letterario, il personaggio di Margherita Buy è ispirato ad Adriana Mulassano, storica penna del Corriere della Sera e giornalista di moda, costume e società.
Gli episodi riportano la dedica a Franca Sozzani e agli anni in cui ha assunto la direzione di Vogue Italia con uno spirito di apertura scommettendo sulla creatività e la contaminazione delle arti.
«La moda non ha leggi, non ha regole
ma senza ironia, che noia!» [Franca Sozzani]