di Federica Piergiacomi
40 anni dopo, il racconto della morte di Fausto e Iaio trova la sua forma sul palcoscenico dellElfo Puccini
Marzo 2018, il panorama teatrale è denso. Al Piccolo c’è Latini con il suo Teatro Comico, al Parenti Cita e Ciegas della Shammah, all’Elfo invece uno spettacolo che spesso torna a Milano, forse perchè può essere considerato uno spettacolo radicato sul territorio, forse perchè parla di una vicenda avvenuta a Milano, o forse perchè c’è ancora molto bisogno di raccontare questa storia.
Quest’anno ricorrono i 40 anni esatti dalla notte in cui è accaduto il fatto narrato nel testo di Scarpetti. L’omicidio di due ragazzi giovanissimi, appena diciottenni Fausto e Iaio, in una notte due morti, passate forse troppo sotto silenzio nei giorni del rapimento di Aldo Moro.
Insieme Scarpetti e Cesar Brie, quest’ultimo uno dei primi a partecipare alla manifestazione per la loro morte, la sera stessa, un giovane Cesar Brie appena scappato dall’Argentina che al momento del fatto si trovava in un altro centro sociale, non il Leoncavallo da cui i due giovani stavano tornando a casa, creano qualcosa di nuovo, non il solito teatro civile, con la pretesa, forse avventata, di istruire con un tono a volte troppo saccente, rivelano una cronaca dei fatti spietata ma allo stesso tempo un racconto emotivo.
Cesar Brie con i suoi spettacoli negli anni ci ha abituati a racconti crudi, duri, devastanti, ma raccontati con una poesia inaspettata, un lirismo dell’immagine che ti penetra all’interno e ti prende dritto allo stomaco, lasciandotelo stretto in una morsa per giorni; questo spettacolo non è da meno, ma insieme a tutto questo, c’è anche un testo che non lascia scampo alla sofferenza fisica. Un intreccio di storie raccontate in prima persona da cinque personaggi, una polifonia di voci che creano una splendida melodia, in un crescendo di tensione.
Si vive la cronaca di quella notte, non è un racconto, allo spettatore sembra di essere li, di essere parte della Storia, a tenerci svegli, a farci contorcere lo stomaco sono Fausto, la Madre di Iaio, uno dei killer, il commissario della Digos e un giornalista, Mauro Brutto dell’Unità che sarà ucciso a sua volta da un pirata della strada.
Scenicamente e strutturalmente apparentemente semplice, con un taglio che inizialmente appare leggero, ma diventa in seguito denso e carico in un modo che è capace di commuove la platea quasi interamente.
In tutto questo, ogni elemento è al suo posto, registrazioni audio e video, scenografia, luci, drammaturgia,regia, tutto è in funzione dell’emozione, delle sensazioni da trasmettere e gli attori, Massimiliano Donato, Andrea Bettaglio, Alice Redini, Umberto Terruso, Federico Manfredi, non sono da meno, sembrano aver ingerito e fatto loro lo spettacolo, non stanno recitando una parte, sembrano viverla proprio dall’interno.
Uno spettacolo da vedere e rivedere, che ti fa sentire vivo, capace di lasciarti emozionare, vergognare e di arricchirti. Uno spettacolo in cui si ritrova la funzione del teatro ma nello stesso tempo si ritrova se stessi.