di Carlo Schiavoni e Carlo Golinelli
Direttore di fama mondiale, torinese ma berlinese acquisito, Antonello Manacorda studia nel conservatorio della sua città diplomandosi in violino con il massimo dei voti , nel ’94 viene chiamato da Claudio Abbado per diventare violino di spalla nella Mahler Jugendorchester con la quale partecipa a numerose tournèe in tutto il mondo. Sempre sotto il consiglio di Claudio Abbado decide di fondare la Mahler Chamber Orchestra.
I suoi colleghi che lavorano con lui, non ultimo tra i quali Simon Rattle, gli consigliano di intraprendere la carriera di direttore; vincendo così una borsa di studio riesce a frequentare il corso di direzione ad Helsinki dal maestro e luminare Jorma Panula con il quale studia per due anni.
Dal 2003 al 2006 diventa direttore artistico della Académie Européene de Musique du Festival d’Aix en Provence, successivamente gli viene proposto di dirigere I Pomeriggi Musicali di Milano.
In questo momento lo vediamo sotto le vesti di direttore artistico e direttore principale della Kammerakademie Potsdam in Germania, carica che detiene dalla stagione 2010/2011 e direttore dell’ Het Gelders Orkest Olandese dalla stagione 2011/2012.
Antonello Manacorda ha diretto in tutta Europa tutte le principali orchestre e gruppi da camera. Recentemente ha pubblicato, assieme alla Kammerakademie Potsdam, il ciclo di sinfonie di Mendelsshon e di Schubert per Sony Classical i quali hanno ricevuto molto entusiasmo dalla critica e dal pubblico.
Mantiene da tempo una solida relazione con il Teatro La Fenice di Venezia dove ritorna spesso a dirigere opere (il Flauto Magico nell’ottobre del 2015) accostato dal regista Damiano Michieletto.
Abbiamo la fortuna di potergli fare qualche domanda:
Nella sua carriera la figura di Claudio Abbado è fondamentale, ci può descrivere il personaggio e specificare in quale modo è stato importante per lei, magari facendo riferimento a degli episodi in particolare?
Claudio Abbado ha rappresentato davvero tantissimo nella mia formazione musicale. La cosa più importante che mi ha insegnato è che di fronte ad una partitura siamo tutti umilmente alla ricerca del suo significato senza tirannie da parte del direttore d’orchestra. Dalla prima prova d’orchestra che ho avuto la fortuna di fare con lui in qualità di violino di spalla della GMJO è stato subito chiaro che il lavoro era di condivisione e non di indottrinamento di noi giovani inesperti e scalpitanti. L’energia che fluiva nelle prove e soprattutto nei concerti era “sinfonica” nella pura etimologia del termine : SYN PHONÈ , suono insieme.
La sua più grande lezione a noi ragazzi era quella di imparare ad ASCOLTARE gli altri, solo cosi si può fare musica insieme.
Lei ormai da più di 15 anni abita nella metropoli berlinese, ed è noto a tutti che il pubblico tedesco sia molto più entusiasta e partecipe ai concerti di musica classica rispetto al pubblico italiano. Quali sono le principali differenze tra i due e come, secondo lei, si può portare questo entusiasmo anche in terra nostrana?
L’entusiasmo per la musica e la cultura in generale presente nella mia città di adozione Berlino non è paragonabile a quello di nessun’altra città. Credo che ciò dipenda dalla grande quantità di artisti e creativi che popolano questa città. Berlino dopo la caduta del muro è diventata la capitale europea con il più basso costo della vita e in questo modo terreno fertile per tutti i “creativi” delle nuove generazioni.
Allo stesso tempo la riunificazione delle Germania ha letteralmente regalato a Berlino la presenza simultanea di 3 teatri d’opera , 4 orchestre sinfoniche , 5 importanti e diversi teatri di prosa e il festival del cinema!
Che scelte di repertorio ha sviluppato in questi anni di direzione della Kammerakademie di Potsdam, con cui sta anche incidendo le sinfonie di Mendelssohn?
I 7 anni che sono passati dal mio inizio a Potsdam sembrano volati come un soffio … il mio lavoro con loro è stato dal primo momento estremamente appassionante e dopo cosi tanto tempo lo è ancora come fosse il primo giorno (cosa rara nei rapporti fra direttori e orchestre)
Siamo stati dall’inizio subito d’accordo sulla voglia comune di voler imparare le diverse lingue e dialetti della musica per orchestra da camera, abbiamo infatti iniziato con Schubert e per i primi 3 anni abbiamo cercato di imparare i suoi idiomi e le sue inflessioni musicali per registrare le sue sinfonie. Quando abbiamo concluso il ciclo delle registrazioni di Schubert ci sembrò naturale esplorare Mendelssohn, sono tutte e due compositori dell’epoca romantica spesso maltrattati da una eccessiva retorica. Il nostro approccio con la combinazione di strumenti moderni e ottoni antichi ci ha permesso di scoprire un suono sia in Schubert che in Mendelssohn forse più vicino all’originale ma senza dubbio nuovo e adatto ad un’orchestra di 40 elementi.
Quali sono le particolari abilità che ha trasportato dal suo bagaglio di violinista nella tecnica di direttore?
La mia formazione violinistica è stata importante nella misura in cui ho avuto la fortuna di poter essere Konzertmeister (violino di spalla) per molti anni prima di prendere una bacchetta in mano. Tutte le dinamiche di funzionamento di un’orchestra, delle prove e della concertazione di un brano le ho viste e assorbite nella veste di violino di spalla… molti direttori giovani devono imparare queste cose dirigendo e non sempre è una cosa facile di fronte ad un’orchestra. Per questo motivo dico sempre che per me è stato un passo naturale quello da Spalla a direttore…
Lei ha diretto in questa stagione l’ “Africana”, o meglio “ Vasco de Gama”, di Mayerbeer, che in Germania è oggetto di una vera riscoperta. Come mai questo compositore è scomparso per così tanto dalle scene?
Meyerbeer è scomparso per tanto tempo per due motivi:
uno, è stato molto maltrattato da Wagner nella seconda metà dell’800, due la sua musica è talmente poliedrica e multidimensionale da essere molto difficile da eseguire.
Le sue radici sono la Germania, il bel canto italiano e la musica francese dell’800 , questi diversi linguaggi che sono molto diversi fra loro si incontrano in una sorta di chiasmo di stili che può essere difficile da districare. In realtà bisogna molto coraggiosamente saper riconoscere o a volte semplicemente decidere quale di questi stili si decide di sottolineare in un determinato brano , aria, ensemble delle sue grandiose produzioni!
Quali sono le principali difficoltà che si incontrano nell’eseguire e mettere in scena al teatro di Mayerbeer?
La più grande difficoltà sono secondo al giorno d’oggi è quella di rendere lo spirito del Grand Opera accessibile alla nostra mentalità. Nelle interviste prima della prima a Francoforte con il regista della produzione abbiamo pensato di paragonare questo genere al Blockbuster del cinema moderno dove la grandiosità degli effetti speciali hanno importanza quanto il gioco fattoriale e nel nostro caso il canto.
Infine una domanda di rito: quali sono i più importanti impegni che l’attendono?
Nella prossima stagione sarò impegnato in una lunga tournée in Germania con la Kammerakademie Potsdam dove suoneremo le sinfonie di Mendelssohn appena registrate, poi ho un progetto con loro che mi sta molto a cuore sulle 4 sinfonie di Brahms che eseguiremo in due concerti a Marzo dopo due settimane di intense prove. Altri concerti di cui sono molto felice sono con la Rotterdam Philharmonic, la RSB di Berlino e i Bamberger Symphoniker. Per quanto riguarda l’opera ho di fronte a me due nuove produzioni a cui tengo molto : Zauberflöte con Romeo Castellucci alla Monate di Bruxelles e Alceste all’Opera di Monaco, a Gennaio sarò al Covent Garden per Traviata e a Marzo all’Opera di Vienna per Don Giovanni.

Antonello Manacorda Foto di Nikolaj Lund