di Davide Foti
Uscito al cinema l’8 luglio 2021, Atlas è il secondo lungometraggio di Niccolò Castelli, dopo “Tutti giù” (2012), distribuito da Vision Distribution, seppur in poche sale.
La vicenda parte da Lugano, dove Allegra (Matilda De Angelis) vive con la sua famiglia e frequenta un gruppo molto stretto di amici nel quale vi è anche il fidanzato. Hanno tante passioni, su tutte il divertirsi ai concerti ma soprattutto l’arrampicata sulle varie cime dei dintorni. Allegra però vuole dare una svolta a quest’ultima passione alzando l’asticella: propone ai suoi amici un viaggio con lo scopo di scalare i monti dell’Atlante, in Marocco. Qui, però, i quattro si troveranno coinvolti in un attacco terroristico che gli cambierà la vita.
Ispirato da una storia vera, Atlas mette in mostra da un lato la riabilitazione fisica, ma dall’altro il recupero emotivo di una ragazza che prima era energica e solare, ma che poi si chiude in un silenzio assordante. La forza del film sta proprio in questo disastro. Un evento imprevedibile e così distante dalla vita quotidiana che non ci fa domandare come reagiremmo alla scomparsa di una persona cara. L’elaborazione del lutto non è affrontato nel modo classico con pianti, disperazione e sedute terapeutiche. Dagli sguardi emozionanti di Matilda De Angelis lo spettatore prova esattamente ciò che la protagonista vive in quel momento.
Una prova attoriale notevole, che grazie ad una ottima regia riesce a comunicare senza per forza dover dire. È stato preferito, infatti, il concentrarsi sulla recitazione piuttosto che in lunghissimi dialoghi improbabili. Quasi ogni inquadratura è riservata all’attrice protagonista, sulla quale il regista Niccolò Castelli ha affidato la quasi totalità del film. Matilda De Angelis accetta e, come anticipato, vince la sfida, reggendo alla grande il peso e il ruolo. Un plauso va fatto anche alla parte tecnica, in particolar modo alla fotografia e al montaggio che arricchiscono l’atmosfera drammatica.
(Su Not Only Magazine abbiamo parlato dell’attrice Matilda De Angelis anche qui in The Undoing e qui, L’incredibile storia dell’Isola delle Rose)
Essersi concentrati soprattutto sul suo viaggio interiore da un lato ha quasi fatto perdere la gravità e l’urgenza di alcuni temi, quali il pregiudizio, lasciati un po’ come sfondo; dall’altro, però, sembra voler dire che nella vita c’è sempre una speranza per tornare a sorridere, anche nei momenti più bui, quando la sorte mette il bastone tra le ruote. Evidenza come i legami si possono ricreare o ricostruire, l’importanza della fiducia nel rapporto con l’altro. Proprio per questo gira tutto attorno all’arrampicata come metafora di vita. Quando ci si arrampica, infatti, senza l’aiuto di una seconda persona non si raggiungerebbe mai la cima; nell’arrampicata si affida la propria vita nelle mani di qualcun altro che assicura tenendo la fune.
Photo Credits: ©Sabine Cattaneo, Imago Film. Photo gallery: ©Vision Distribution