di Laura Ghirlandetti
Può la cecità vedere, ed intendere, più profondamente il cuore delle passioni umane?
Se l’uomo cieco in questione è un sensibilissimo scrittore, anzi nientemeno che Jorge Luis Borges, allora questo diventa inevitabile.
“Cita a ciegas” capolavoro e testo più rappresentato dell’autore argentino Mario Diament, approda per la prima volta in Italia, e lo fa per la rigorosa regia di Andrée Ruth Shammah, che ne ha curato anche traduzione e adattamento.
Quello che si viene a creare sul palcoscenico è un girotondo di incontri, ed emozioni rivelatrici; un tango impeccabile di incastri, inquietudine e passione.
Protagonista è uno scrittore cieco, che veniamo a sapere si tratta appunto di Borges, che ha l’abitudine di recarsi tutte le mattine in un parco al centro della città di Buenos Aires.
Su quella panchina, nella staticità incantata e pacifica della cornice bucolica, affiorano sempre più prepotenti le emozioni e la vita raccontata dai vari personaggi, che decidono di aprirsi -a turno- in una confessione bruciante.

Costumi di Nicoletta Ceccolini e foto di Luca Del Pia
Co-protagonisti sono l’Uomo (interpretato da Elia Schilton): un bancario follemente innamorato della Ragazza, tanto che arriverà a travestirsi e seguirla per vederla, spiarla; lei per lui rappresenta “l’amore inevitabile”, la passione che travolge e fa uscire dai binari razionali di una vita intera; la moglie, un’adorabile ed intelligente Psicologa (Sara Bertelà), non potrà far altro che assistere impotente alla trasformazione del marito.
La Ragazza (Roberta Lanave) che ha fatto perdere la testa all’Uomo, è un’artista, una scultrice astratta, che odia la madre e teme di diventare come lei: una Madame Arnoux (dal romanzo che sta leggendo: “L’Educazione sentimentale” di Flaubert) senza nerbo e senza il coraggio di vivere intensamente, forse per contraddire questa malaugurata previsione si veste da uomo, ed è innamorata senza speranza di un artista maledetto e in fin di vita.
Infine c’è la Donna (Laura Marinoni), la madre in questione, che da sempre recita la parte della perfetta ed impeccabile moglie, mentre rimpiange segretamente e sempre più amaramente l’incontro mancato, non-avvenuto in gioventù a Parigi.
Lo Scrittore (Gioele Dix) con il suo garbo elegante ed equilibrato è suo malgrado testimone e punto di raccordo di questo racconto tesissimo, ironico e drammatico al contempo, e sa rivelare con intensità e poesia ogni personaggio a se stesso, portandolo a comprendere più profondamente il proprio sentire, ma la pace che la comprensione profonda avvenuta nella sospensione spazio-temporale che il luogo ameno del parco sa donare, dura poco e trova tutta la sua ingestibile spigolosità all’interno della vita reale, fatta di contrasti e furori.
Il fatto teatrale dell’apertura del muro, scenografia che domina la scena, crea la possibilità di evocare più spazi, ma simbolicamente sembra indicare anche la rottura della solitudine e dell’incomunicabilità.
E’ tuttavia impossibile appellarsi alla consolatoria probabilità, narrata dallo Scrittore, della coesistenza di mondi paralleli dove tutte le possibilità si sono rivelate: ognuno avverte dolorosamente mancanze, e sconfitte.
“Cita a ciegas” sa toccare tanti registri, rendendo evidenti le sfumature del sentire e le contraddizioni, diventando via via un thriller dai contorni sinistri, dove violenza e romanticismo sanno camminarsi accanto, e sa guardare precisamente e a fondo nel punto di non ritorno che segna il bivio rivelatore della natura di un amore.
Per accompagnare questa variazione psicologica e tematica, i costumi, ad opera di Nicoletta Ceccolini, seguono e caratterizzano con i loro colori l’andamento della storia ed il carattere dei personaggi: di bianco vestito in un completo elegantissimo, con guanti e bastone da passeggio, fa la sua prima candida apparizione lo scrittore, seguito dall’ufficiale blu oltremare del completo del bancario, che indossa spesso e volentieri anche un cappello Borsalino, come a volersi in qualche modo ed inutilmente celare; la Ragazza invece farà la sua apparizione con indosso dei larghi pantaloni neri, molto maschili, ed una camicia arancio, sprizzante energia.
Mentre di rosso intenso è la stola e il soprabito che caratterizzano la Donna, che indossa un lungo vestito nero, i suoi sono i colori della passione per eccellenza, e dell’eleganza.
Infine la Psicologa indossa un tailleur lilla, che ben si accorda con il suo ruolo da mediatrice tra emozione e contegno razionale.
Riassumendo: una tavolozza intensa ed un ritmo incalzante, dove nell’apparente immobilità si susseguono colpi di scena, e narrazioni intime, in cui ognuno potrà rivelare la parte più vulnerabile di sé.
Teatro Parenti Via Pier Lombardo 14, Milano
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