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Il punto di vista dello spettatore: Io sono Tempesta

di Miki Solbiati e Noemi Stucchi

Io sono Tempesta è una commedia sociale sul potere del denaro. L’incontro tra l’assoluta ricchezza e la povertà più totale diventa il pretesto per mettere in discussione la corruttibilità dell’animo umano. Lo sguardo del regista (Daniele Luchetti) attinge dalla realtà per raccontare una storia verosimile con tono farsesco.

Il protagonista è Numa Tempesta, un ricco e cinico imprenditore che è costretto a un anno di servizi sociali per scontare una vecchia condanna per frode fiscale. Nel centro di assistenza diretto da Angela (Eleonora Danco) intravede la possibilità di corrompere i senzatetto i quali, d’altro canto, accettano di grazia i beni elargiti dal ricco finto benefattore. Ben presto anche loro sapranno dimostrarsi all’altezza delle malefatte all’insegna del denaro sovrano, rivelando come al di là della ricchezza e della povertà ci siano in fondo soltanto degli esseri umani. Lucchetti non calca la mano ma lancia degli spunti di riflessione senza compatire né giudicare, come se il bene e il male, il buono e il cattivo possano invertirsi da un momento all’altro.

Un film riuscito, più che per la storia in sé, per la scelta di mescolare alla presenza di attori di rilievo un cast di talenti d’esordio e attori presi dalla strada (tra tutti, Franco Boccuccia).
Il dialogo è spontaneo e ben strutturato e viene data importanza a ogni battuta.
Con la musica di Carlo Crivelli e la fotografia di Luca Bigazzi, il regista riesce a creare un sottofondo visivo e sonoro per dare maggiore significato ai dettagli del film.

È un film divertente, molto lontano dalla serietà del cinema drammatico. L’incontro tra Marco Giallini e Elio Germano è vincente.
Il ruolo di Numa Tempesta sembra essere stato cucito addosso a Marco Giallini con la sua presenza carismatica e imponente, di una simpatia schietta e un po’ sopra le righe.
Elio Germano nelle vesti di Bruno, un giovane padre che ha perso tutto tranne suo figlio Nicola  (Francesco Gheghi), è il suo alter ego.

Se si riesce a provare simpatia per il cattivo, alla fine ci si chiede: chi sono i buoni?

 

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