di Carlo Schiavoni
Archiviati i fasti musicali e scenici di “Tosca” inaugurale, la stagione scaligera imbocca i binari di una tranquilla routine, ben esemplificata dall’allestimento e dall’esecuzione di “Romèo et Juliette” di Charles Gounod. Il regista Bartlett Sher concepì l’allestimento per il Festival di Salisburgo e le incomparabili quinte della Felsenreitschule. Venne poi acquistato dal Metropolitan di New York e dal Met giunge alla Scala. Nell’adattare una tale messa in scena per un teatro tradizionale, è inevitabile perdere la suggestione della sala per cui venne creato. Il regista ed il suo scenografo Michael Yeargan optano per un fondale fisso, rappresentato da un palazzo nobiliare del 1700. Sontuosi sono invece i costumi di Catherine Zuber. Si tratta di un allestimento, già andato in scena nel 2011 e di cui non si sentiva la mancanza. Sconosciute ci appaiano dunque le ragioni che hanno spinto ad una sua ripresa tanto più che Bartlett Sher incarna alla perfezione la concezione di teatro imperante al Met. Regia e recitazione ridotte al minimo in modo che i cantanti siano liberi di fare in palcoscenico ciò che sanno ovvero molto poco. E quel poco consiste per il nostro Romeo nell’avanzare verso il pubblico e cantare a braccia aperte, mentre la povera Juliette si esibisce in moine quanto mai leziose.

I protagonisti Diana Damrau e Vittorio Grigolo nei ruoli eponimi di “Romèo et Juliette”. (crediti fotografici: Teatro alla Scala@Brescia e Amisano)
I momenti migliori sono allora i duelli che diresti mutuati direttamente da un film di cappa e spada. Onore al merito del maestro d’armi H.B.Barry. Debutta nel teatro in musica alla Scala il Maestro, non ancora trentenne, Lorenzo Viotti,la cui concertazione restituisce con passione le raffinatezze di cui è peraltro cosparsa la partitura di Charles Gounod. Veste i panni di Romèo, Vittorio Grigolo. Non vi è dubbio che egli possegga cospicue doti vocali. Il timbro tenorile è ammaliante. Tende tuttavia ad eccedere in enfasi; poco importa che egli canti Gounod o Puccini o Donizetti. Lorenzo Viotti riesce a stemperarne gli eccessi ed è merito non da poco. Juliette è Diana Damrau, la cui tecnica vocale è adamantina. La voce ha tuttavia perso, nel corso degli anni, consistenza e in un teatro dalle dimensioni come la Scala, “non passa”. Tra gli innumerevoli ruoli secondari, ricorderemo, da un lato, il Mercutio di Mattia Olivieri, che convince per le doti di cantante attore, la ragguardevole presenza scenica e l’abilità nel tirare di scherma; e dall’altro, il paggio Stèphano di Marina Viotti, risolto con virtuosismo e abnegazione per il teatro. La stampella con cui si aggira in palcoscenico non è un vezzo della regia, ma la conseguenza di un infortunio al piede.
Buona stagione a tutti.

A sinistra Mattia Olivieri, al centro Vittorio Grigolo e a destra Marina Viotti. Alle loro spalle, gli artisti del coro del Teatro alla Scala. (crediti fotografici: Teatro alla Scala@Brescia e Amisano)