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Intervista a Elena Dondina Presidente del MUBA

15 Giugno 2017
2.128 Views
da un’idea di Miki Solbiati
di Carlo Golinelli

In uno dei luoghi più belli di Milano, in una realtà recintata da grandi mura qual è la Rotonda della Besana è situato il MUBA un centro culturale di attività creative per i bambini, uno spazio dove i più piccoli possono trovare una zona di sperimentazione e creatività attraverso varie mostre, laboratori e workshop tutti dedicati ai bambini. Questo è quello che l’intraprendente Elena Dondina, milanese, dal 2007 Presidente di Fondazione MUBA si è posta come obbiettivo insieme alle sue socie, uno spazio dove vengono proposti principi dell’educazione non formale e dove attraverso esperienze tattili, visive e auditive il bambino si trova in un coinvolgimento emotivo che lo portano all’ impulso creativo. Tanti e vari sono gli incontri che MUBA organizza riuscendo negli ultimi anni ad affermarsi come uno dei pilastri dell’offerta educativa e culturale di Milano organizzando incontri quali quelli dedicati a Bruno Munari, o alla serie di workshop “childrenshare” in occasione di EXPO e tanti altri. Insieme alle varie mostre che ruotano e mantengono la offerta di intrattenimento sempre varia, si può trovare anche il laboratorio REMIDA, laboratorio permanente che viene messo a disposizione per le scolaresche al mattino e per i genitori con i bambini al pomeriggio e nei weekend. In questo luogo pezzi di scarto di produzione industriale vengono riutilizzati unendo l’aspetto dell’attività ludica all’impegno ecologico. Incontriamo Elena Dondina un pomeriggio alla Rotonda della Besana per parlarle e per farle alcune domande riguardo alla sua esperienza all’interno di questa istituzione e dei nuovi progetti che ha in mente per il Muba.

un esterno della rotonda

un esterno della rotonda

Oltre ad essere madre come e’ nata la tua dedizione a rendere i bambini più felici ed intrattenuti in un isola di svago come il MUBA, cioè ha inciso questa realtà di essere mamma?

Ho iniziato l’attività del MUBA nel 1995/96, molto prima di avere dei figli. In quell’anno abbiamo costituito il comitato organizzativo dei musei dei bambini a Milano e l’idea era quella di creare un museo dei bambini basandosi sulla esperienza che una nostra socia aveva fatto andando in America, dove questo tipo di musei erano già molto diffusi negli anni ‘90 e dove tutte le principali città americane avevano luoghi di questo tipo. Il primo museo dei bambini nasce agli inizi del Novecento a New York, e al suo interno si trovava una vera e propria collezione tutta dedicata ai bambini . Poco a poco questo modello ha incominciato a diventare sempre più interattivo, diventando “Hands on Museum”, modello popolare negli anni 70/80 dove all’interno del museo i bambini possono imparare attraverso, un approccio più pratico, dei concetti rispetto a delle lezioni magari imparate sui banchi di scuola attraverso un racconto o una spiegazione. Quando negli anni ’80 Sabina Cantarelli, socia fondatrice del MUBA, è andata un’estate in America, ha visto tanti di questi musei e ha pensato che sarebbe stato bello proporre un’idea simile anche a Milano, ed avendo lei figli molto piccoli, è stata spinta nel suo desiderio. Ha raccolto attorno a se delle persone, tra cui me, e da li abbiamo iniziato a lavorare per fare a Milano un musei per bambini. Non avevamo ancora deciso come si dovesse chiamare, ma abbiamo costituito l’associazione Comitato Organizzativo per il Museo dei Bambini, cominciando ad andare a presentare questo progetto alla amministrazione comunale e a degli sponsor. Ma 20 anni fa a Milano parlare di una cosa di questo tipo era fantascienza pura. Non capivano quale fosse l’idea, così noi abbiamo comunque deciso di portare avanti questo progetto per farlo conoscere e per fare in modo di sensibilizzare sia l’opinione pubblica che la pubblica amministrazione, perchè pensavamo che fosse necessario che questo centro non risultasse un centro privato ma in qualche modo promosso dal Comune, cosi come negli stati americani. Per Milano volevamo la stessa cosa e abbiamo incontrato varie amministrazioni, tutti ne erano entusiasti ma nessuno poi era realmente interessato ad investire. Il nostro colpo di fortuna è stata la Triennale, che era nel ’98 un edificio pazzesco e poco sfruttato, con qualche mostra di architettura e di design. Così siamo andati a proporre una mostra per bambini modellata su una già presentata a Vienna, riguardante il tema dei soldi e il valore del lavoro e del denaro per i più piccoli. Questa mostra ha avuto un successo di pubblico enorme e da li noi abbiamo incominciato e siamo riusciti a trovare degli sponsor. E’ iniziata così una collaborazione importante con la Triennale, gestendo questa mostra per tre mesi. Sono venute trentamila persone, è stato un successo planetario. La mostra Soldi ha avuto più visitatori di tutte le altre mostre in loco. Così è iniziata una collaborazione che è durata quasi 10 anni, facendo una mostra all’anno della durata di tre mesi.
Abbiamo sempre però mantenuto l’idea di avere un nostro spazio privato. Dopo qualche anno c’è stata una collaborazione con la Triennale Bovisa dove hanno costruito con un finanziamento della provincia, un padiglione apposta per fare Remida, ma che poi è stato chiuso poco dopo, a causa di problemi del terreno non bonificato. Per un primo momento abbiamo pensato che l’attività avrebbe dovuto chiudere dopo 15 anni di lavoro, invece siamo stati salvati dalla Provincia di Milano, che per un colpo di fortuna, ci ha chiamati perchè gestiva l’Idroscalo, offrendoci un padiglione bellissimo, chiamato Palazzo Azzurro ed è stata un’ enorme opportunità per noi. In quel periodo facevamo anche delle consulenze per tante aziende che volevano fare delle attività per i bambini, poi c’e stato il concorso per l’area di City Life della Fiera e il MUBA è entrato in uno dei progetti di ristrutturazione immobiliare per costituire il palazzo delle Scintille e fare quindi finalmente il grande museo per i bambini a Milano, il più grande in Europa, che avrebbe dovuto essere nella palazzina Liberty di piazza 6 Febbraio. City Life ha vinto il concorso, per cui hanno iniziato a costruire, e per un poco sembrava che fossimo giunti finalmente ad avere una sede, pagata in parte dal Comune con gli oneri urbanistici, in parte da sponsor privati finanziatori. Siamo quindi diventati una fondazione di partecipazione perchè avremmo dovuto gestire questo grandissimo padiglione e dovevamo farlo insieme ad altre istituzioni. Purtroppo poi si è bloccato tutto per questioni burocratiche. Per fortuna avevamo l’Idroscalo e siamo riusciti a rimanere a galla, continuando ad aver un rapporto col pubblico e un posto dove presentare le nostre attività benché in un posto logisticamente scomodo. Nel frattempo io ho avuto i bambini, sono uscita per un certo periodo dal MUBA. Così ad un certo punto sono stata a casa e ho detto basta. Dopo un po’ io sono rientrata. Nello stesso periodo vince le elezioni la Giunta Pisapia e Stefano Boeri diventa assessore alla cultura e ci appoggia, io vengo eletta Presidente del Muba. Ad un certo punto è saltato fuori il nome della Besana come alternativa a City Life, tuttavia non poteva essere affidata a noi direttamente. Il Comune decide quindi nel 2012 di fare un bando perchè che la Besana potesse essere data in affidamento per creare un centro culturale per bambini e ragazzi che doveva avere certe caratteristiche come un bar, un bookshop, dando in concessione la Besana per 8 anni a fronte di 100.000 all’anno minimo d’affitto. Siamo riusciti dunque a vincere il bando, grazie a un lavoro collettivo. Siamo entrati e abbiamo fatto le nostre attività nel Gennaio del 2014, e il primo anno è stato il più complicato. Avevamo un sacco di concorrenza che, quando abbiamo iniziato 20 anni fa non c’era, e lavorando bene di comunicazione, di contenuti, di proposte, la gente ha incominciato a venire, le scuole hanno cominciato a partecipare, a poco a poco in tre anni che sono passati dall’ apertura a oggi si sono visti dei risultati molto positivi. Il bilancio 2016 ha chiuso in utile.
Ora il MUBA alla Besana è un successo!

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uno scatto di Elena Dondina

La passione per l’ecologia e il lavoro con i bambini sono sempre stati dei tuoi interessi?

Sì, le ho sempre avute. Questo progetto per i bambini nasce a Reggio Emilia e viene da Reggio Children, Reggio Children è in assoluto la realtà più importante dell’educazione informale mai prodotta in Italia negli ultimi trent’anni. Nasce dunque negli anni Settanta quando veniva considerato un progetto molto avveniristico quindi in realtà quello che abbiamo fatto è stato quello di essere partecipi, dire di avere una sorta di patente di Reggio Children per cui aver studiato , aver partecipato ad una serie di corsi ecc. poi di avere trasposto queste attività laboratoriali a Milano modificando leggermente quello che è l’impianto originale perchè a Milano non ci sono le stesse normative che si trovano in Emilia Romagna, che permettono di portare i materiali all’interno delle scuole, mentre a Milano non si può fare così, sono quindi le scuole che a Milano devono venire in luoghi dedicati dove vengono selezionati materiali di scarto che poi vengono riutilizzati per rilanciare la creatività di tutti, dei bambini e degli adulti.

Ora avete una mostra di grande successo Colore ho visto che è stata molto recensita con un allestimento bellissimo quasi teatrale, quanto durerà la mostra e come i bambini interagiscono con i colori?

Questa mostra l’abbiamo inaugurata a maggio ed è una nuova produzione.
‘Colore’, che in realtà è ripresa da una mostra storica che noi avevamo già fatto in Triennale. E’ una mostra che abbiamo inaugurato un anno e mezzo dopo un’altra mostra, Vietato non Toccare, sul lavoro di Munari, che ha avuto molto successo facendoci fare un balzo del 50% di pubblico. Quella è stata una mostra eccezionale da un punto di vista dei contenuti. Si rivolge a un pubblico di bambini dai 2 ai 6 anni, quindi quella fascia di età dove si và ad intercettare un pubblico che è molto ricettivo, ci sono giovani genitori con dei bambini molto piccoli.
‘Colore’ è sempre per un pubblico dai 2 ai 6 anni anche perchè le scuole escono molto più volentieri in questa fascia di età che nella fasce delle elementari. La visita a Colore dura 90 minuti, per ora la mostra è fino a gennaio. Con la mostra di Munari abbiamo inaugurato un nuovo format che ha funzionato e che vogliamo riprodurre anche ora, facendo delle conferenze per un pubblico di adulti e facendo incontri o attività che intercettino anche un pubblico diverso, invitando ad esempio un grande artista piuttosto che uno specialista del colore, un neurologo neuro scienziato che ti racconta quali sono i meccanismi per il quale noi vediamo, così come abbiamo fatto con Munari in cui abbiamo fatto degli approfondimenti sul lavoro fatti per gli studenti universitari di design e di architettura, di grafica piuttosto che gl’insegnanti.
Per la mostra Colore si crea un palinsesto che per un anno è un contenitore che verrà riempito di appuntamenti collegati alla mostra ma rivolti ad un pubblico di studenti universitari di specialisti nel settore, appunto, soprattutto del design, dell’architettura, dell’arte e della fotografia. La mostra in sè è invece è fatta per bambini dai 2 ai 6 anni accompagnati dai genitori o dalle insegnanti attraverso 4 installazioni diverse si raccontano 4 diversi aspetti del rapporto che le persone hanno con il colore e la luce. Noi vogliamo stimolare l’approccio creativo dei bambini con le attività che fanno perchè il concetto è sempre quello di dare degli strumenti per allargare la mente. Si esce arricchiti da Colore e da tutte le mostre del MUBA!

Un’altra mostra interessante per i più piccoli è stato “Vietato non toccare”, come hanno reagito le famiglie e quindi anche i genitori a questo desiderio dei propri figli di toccare tutto?

Tutti reagiscono benissimo e quello che cercano ed è quello che vogliono i genitori dei bambini molto piccoli e la conoscenza passa attraverso l’ esperienza tattile, attraverso un esperienza sensoriale per cui è un attivatore di conoscenza questo tipo di approccio, quindi i bambini si divertono, fanno delle esperienze sensoriali e comunque creative ed escono contenti! Al MUBA abbiamo degli specialisti e i nostri educatori sono tutti laureati in pedagogia, psicopedagogia, psicologia infantile psicologia dell’età evolutiva per cui queste mostre normalmente che facciamo sono studiate da noi che abbiamo tutto il know how per poter creare delle proposte adatte ma poi ci facciamo sempre affiancare da degli artisti per renderle più accattivanti da un punto di vista anche di allestimento e anche d’ impatto visivo.
Da Vietato non Toccare a Colore, le mostre del MUBA sono tutte studiate ad hoc per ampliare la conoscenza.

Come è organizzato il Muba?

Il MUBA è organizzato con due aree diverse: ha una area ad ingresso libero per cui non si paga per entrare c’è dunque la possibilità di passare dall’ ingresso del museo alla libreria, al bar e di muoversi liberamente quindi di venire anche alla caffetteria passando dall’ingresso principale oppure c’è un ingresso dalla caffetteria perchè poi la caffetteria vive di una vita abbastanza propria. Qui il termine museo richiama sempre il termine originale children’s museum ma anche per noi il concetto di museo vuol dire dare valore a un’attività rivolta ai bambini che normalmente sono pò considerati una categoria di serie B, qui trovano uno spazio che ha un valore aggiunto: la cultura per i più piccoli infatti questo è un paese che purtroppo ha delle carenze culturali molto forti, ha un’offerta culturale molto ricca ma ribadisco ha delle carenze culturali molto forti dovute alla mancanza proprio di un investimento non solo economico per i bambini.
Mancano anche in Italia gli investimenti nella cultura per l’infanzia, a parte i nostri sforzi.
In sintesi gli spazi del MUBA comunque sono due, uno è quello delle grandi mostre e uno è quello di Remida.

La caffetteria è un luogo di incontro di bambini accompagnati da più grandi per il brunch domenicali o è un punto di incontro in generale?

La caffetteria in realtà è un po’ a se stante, non è un posto dove vengono solo le famiglie che si trovano il panino e la bibita ma la nostra filosofia di cibo e bevande della caffetteria è diversa. Infatti la qualità del cibo è molto alta e non si rivolge diciamo propriamente ai visitatori del museo, ma si possono anche prendere gli aperitivi e principalmente le famiglie si trovano nel weekend. La società che ha preso in gestione la caffetteria tramite un bando sono dei pionieri come noi e questo spazio lo abbiamo un po’ costruito insieme a loro. E’ un bar a livello qualitativo alto e i costi non sono particolarmente a buon mercato perché devono seguire le indicazioni della sovraintendenza. Lo spazio fuori è meraviglioso e questo è un bel valore aggiunto.

Si può sentire la musica al MUBA? In che modo?

Non c’è una proposta continuativa sulla musica a parte il bar che tiene sempre una melodia di sottofondo però noi partecipiamo a Piano City con attività molto belle e dedicate. Fino a l’anno scorso avevamo Edison come sponsor ufficiale adesso non ce lo abbiamo più quindi per i laboratori della prima della Scala diffusa dobbiamo vedere se riusciremo a tenere la prima diffusa come vorremmo fortemente.
A noi la musica piace, il nostro problema è che uno spazio relativamente piccolo per tutte le attività che vorremmo fare, certamente abbiamo dei progetti ma dobbiamo trovare gli sponsor. Ora abbiamo il bellissimo progetto di Radio Muba che è fatto in collaborazione con dei giornalisti radiofonici nonchè tecnici radiofonici che lavorano per Radio 2, Sara Zambotti che lavora per Caterpillar che ha già lavorato con noi. Edison continua a sponsorizzare la Prima diffusa, cercheremo uno sponsor per il progetto della radio. Il laboratorio consiste nella ricostruzione di uno studio radiofonico dove 20 bambini insieme ai giornalisti della radio, creano in un’ora e mezza un programma e poi lo mandano in onda, con alcuni di loro scelti come speaker che parlano di vari argomenti. È un progetto bellissimo che è fatto per ragazzini più grandi per quelli della fascia elementare alta. La radio è ancora un pò retrò ed è un meraviglioso metodo di comunicazione.

Il calendario del MUBA da Settembre sarà fittissimo, cosa avete in programma?

Consiglio di guardare il sito per aggiornarsi sui programmi. Noi partecipiamo a tutti i grandi eventi milanesi tipo Design Week, Art Week, Piano City, BookCity eventi diffusi in città aperti al pubblico gratuitamente con un programmi sempre ricchi.

Ci dai per notonlymagazine.it informazioni sulle donazioni e sulle informazioni per il 5×1000 al MUBA?

Assolutamente si, noi sosteniamo la nostra attività con la biglietteria, le sponsorizzazioni e l’affitto della Besana per grandi eventi. Abbiamo bisogno, come tutte le istituzioni culturali private, di sostegno da parte delle Aziende e di donazioni private. Se volete contribuire a sostenere questa attività culturale si può devolvere il 5×1000 dal momento che il MUBA è un’istituzione no profit privata.

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uno scatto di Vietato Non Toccare, la precedente mostra gioco

Raccontaci un pò di te nelle pause di presidenza al MUBA

Sono curiosa, mi piace viaggiare, ma non lo faccio molto; appena posso vado in giro a vedere musei, le mostre nelle gallerie d’arte, design e architettura.

C’è una galleria d’arte particolare a Milano che vuoi ricordare?

Si, mi piace molto Wineart è realizzata da una mia carissima amica Martina Moglia che insieme ad un’altra socia gallerista promuove artisti abbastanza giovani sempre molto interessanti.

5×1000

Scegli di devolvere a Fondazione MUBA il 5 per mille dell’imposta sul tuo reddito, non ti costa nulla.
All’atto della dichiarazione dei redditi, basta indicare il nostro numero di codice fiscale:

97457580153

www.muba.it
+39 02 4981980
Via Enrico Besana, 12
Milano

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