di Carlo Schiavoni e Carlo Golinellli
Matteo Beltrami si diploma molto giovane in violino al Conservatorio “N. Paganini” di Genova. Successivamente un suo insegnante di esercitazioni orchestrali si accorge di una sua particolare predisposizione per la direzione d’orchestra e lo incita a studiare direzione. Prosegue quindi gli studi al Conservatorio “G. Verdi” di Milano dove si diploma.
A soli vent’anni Matteo Beltrami debutta con Il Trovatore di Giuseppe Verdi al Palazzo Ducale di Genova. Inizia così il percorso che lo porta, in una carriera ormai ventennale, a dirigere più di quaranta titoli operistici, spaziando dal barocco a prime assolute di titoli contemporanei.
Quella per il canto e per l’opera è una passione che Matteo Beltrami nutre fin da piccolo, da quando a 11 anni, giovane cantore nel coro di voci bianche di una produzione della Tosca nella sua città, scopre la sua passione per la lirica.
La sua carriera lo porta nei principali palchi italiani ed esteri, tra cui: Teatro del Maggio Fiorentino, Regio di Parma, Massimo di Palermo, San Carlo di Napoli, La Fenice di Venezia, NCPA di Pechino, Semperoper di Dresda, Aalto Theater di Essen. Ha diretto inoltre importanti orchestre quali NWD Philarmonie, Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo, Orchestra Filarmonica Nazionale Lettone.
Nel 2008 dirige i recital di Jonas Kaufman a Monaco di Baviera e ad Amburgo.
Dal 2016 Matteo Beltrami è direttore musicale del Teatro Coccia di Novara e direttore artistico della stagione 2018/2019.
La redazione di Notonlymagazine ha la fortuna di potere fare qualche domanda al maestro:
Ci può raccontare come è nato il suo amore per la musica e per il teatro in musica?
Il mio rapporto con la musica è stato piuttosto conflittuale: a 6 anni, con una buona dose di incoscienza propria di quell’età, chiesi a mio padre, trombonista del Teatro Comunale dell’Opera di Genova, di regalarmi un violino per Natale. Iniziò così un periodo difficile: ero evidentemente portato verso questa disciplina ma le ore di studio dedicate allo strumento e tolte allo svago mi facevano sentire diverso dai miei compagni di scuola. Prima di entrare in Conservatorio, il mio insegnante mi dava lezioni nei camerini del teatro comunale: era molto severo e anche piuttosto… manesco – erano altri tempi! – e il suo comportamento acuiva il mio amore-odio verso il violino. Però c’era un lato positivo: potevo vivere in un mondo parallelo, fatto di costumi e scenografie che mi facevano viaggiare in epoche e in luoghi fantastici! Un giorno ero in un camerino con costumi di scena, attrezzeria e calzature e il giorno dopo in una sala trucco con decine di teste di polistirolo coperte da parrucche e infilzate da lunghi spilloni, oppure in una delle tante enormi sale prova con scenografie montate. Fantasticavo di essere un personaggio diverso ogni lezione: soldato, gentleman, contadino, duca, folletto… a seconda del costume che, spesso, indossavo di nascosto. Passate le ore di studio capitava che mi fermassi a vedere le recite e iniziai a chiedere a mio padre le musicassette delle opere a cui assistevo: a 10 anni ero già un melomane incallito!
Lei è stato di recente nominato direttore artistico del Teatro Coccia di Novara: quali sono le linee guida che intende seguire?
Il Coccia è il teatro di tradizione di Novara e, come tale, ha degli obblighi verso la città, innanzitutto quello di offrire una stagione musicale che non può esaurirsi in sei aperture di sipario in un anno (questo era il numero totale di recite di opera lirica che il teatro offriva il primo anno in cui vi ho diretto, oltre al fatto deplorevole che non avesse una propria stagione concertistica.) La stagione 2018/19 che ho presentato in qualità di direttore artistico conta otto titoli operistici, due balletti, quattro concerti sinfonici, due concerti cameristici e un festival incentrato su musiche inedite dei maestri di cappella che nel corso dei secoli hanno lavorato presso il Duomo di Novara. Il tutto per un totale di oltre trenta rappresentazioni.
Un secondo obiettivo è stato quello di riportare sul palcoscenico del Coccia artisti di fama internazionale e presentare al pubblico produzioni che non avessero nulla da invidiare a teatri con possibilità economiche decisamente maggiori. In questo modo siamo riusciti ad ottenere l’attenzione della critica specialistica, che ha spesso segnalato i nostri spettacoli tra i migliori del panorama lirico nazionale. Questo circolo virtuoso ha permesso al teatro di stringere nuovi rapporti di collaborazione con realtà prestigiose ( Bouffes du Nord, Festival di Spoleto, Miskolc Bartok Festival, Teatri di Firenze, Ravenna, Piacenza, Livorno, Sassari, Savona, Modena, Messina) stabilendo un piccolo record: delle otto opere in cartellone quest’anno sette sono coprodotte con altri teatri. Tutto questo è stato fatto e continuerà ad essere fatto con il coinvolgimento sempre più massiccio delle realtà virtuose presenti sul territorio.

Il direttore d’orchestra Matteo Beltrami
Come è scaturita l’idea di coinvolgere l’orchestra del Conservatorio “Guido Cantelli” nelle esecuzioni del Teatro Coccia? L’orchestra si è poi dimostrata di assoluta eccellenza.
Il Conservatorio Cantelli si occupa di formare i migliori giovani strumentisti che gravitano attorno a Novara e lo fa in modo eccellente. Ci è parso quindi naturale che fosse il Coccia a offrire loro i primi contratti professionali. Provammo nel 2015 con il Viaggio a Reims di Rossini, l’esperimento diede ottimi risultati e sancì l’inizio di una proficua collaborazione tra le due istituzioni.
Ci può raccontare l’esperienza della direzione del Rigoletto di Piero Maranghi e Paolo Gavazzeni che ha vissuto in questa stagione sempre al Coccia?
Piero e Paolo amano il mondo dell’opera, ne conoscono molto bene i meccanismi e le esigenze, il che ha reso il lavoro facile e piacevole. Caratterialmente non abbiamo mai avuto problemi, il clima di lavoro è sempre stato collaborativo e stimolante e le recensioni ricevute mi permettono di affermare che il risultato finale sia stato di ottimo livello. Lo stesso allestimento è stato poi portato a Sassari e ripreso da Classica HD.
Vediamo che la sua carriera si è incentrata molto su programmi di tipo operistico. Vorrebbe intraprendere una scoperta del rapporto sinfonico? Se sì, di quale compositore in particolare?
Per un giovane direttore d’orchestra italiano il repertorio operistico è un passepartout per entrare in tutti i teatri stranieri. Ma proprio il fatto che le occasioni di affrontare il repertorio sinfonico siano meno numerose, le rende particolarmente importanti e bisognose di uno studio certosino e maniacale. Quest’anno, sempre al Coccia, inauguro il Ciclo Beethoven – che prevede l’esecuzione delle nove sinfonie in tre anni – dirigendo I Virtuosi Italiani nella prima e settima sinfonia. Il concerto sarà il prossimo febbraio ma la fase di studio di questi due capolavori è iniziata già da parecchi mesi!
Ultimamente si vede come il pubblico cinese e orientale sia uno dei pubblici più stimolati dall’opera italiana, in che cosa si caratterizza questo tipo di pubblico? Esiste qualche episodio particolare che ci vuole raccontare?
Mi hanno raccontato che, nell’intervallo tra primo e secondo atto di Fille du Regiment a Pechino, la maggior parte delle persone nelle toilette del teatro riascoltavano la registrazione pirata, effettuata con il proprio cellulare, della celebre aria dei nove Do appena eseguita da Shi Yijie, peraltro davvero straordinario. Episodi così estremi, uniti all’entusiasmo che ho percepito in sala durante le recite, mi fanno pensare che i cinesi siano i melomani del futuro!
C’è un compositore che sente particolarmente vicino e perché?
Giuseppe Verdi. E le ragioni che potrei addurre sarebbero comunque insufficienti a spiegare quello che è un amore folle e incondizionato che dopo anni di frequentazione costante non accenna minimamente a scemare.

Matteo Beltrami
Ci può raccontare di una figura o di un momento particolarmente formativo nel corso della sua carriera? Perché?
La mia carriera è sicuramente frutto di un percorso lungo durante il quale ho lottato strenuamente e a cui ho sacrificato molto. Ho incontrato ottimi insegnanti ma è dai miei errori che ho tratto le lezioni migliori. Tuttavia ho avuto la fortuna di incontrare non una ma tante persone che hanno creduto in me, offrendomi opportunità senza le quali non sarei qui a parlare con voi. Non sarò mai a loro abbastanza grato per avermi concesso quella fiducia, la cui paura di tradire è stato forse ciò che mi ha permesso di superare i momenti più difficili.
Quali sono le figure che la ispirano nel mondo della direzione?
Quando ero più giovane avevo dei modelli che desideravo emulare. Con il passare degli anni, l’esperienza e la curiosità intellettuale mi hanno fatto capire che da ognuno c’è qualcosa da imparare.
Oltre alla grande passione per la musica, riesce a coltivare altri interessi?
Sono onnivoro: prosa, cinema, arte, sport, viaggi… insomma, seguire ciò che risveglia la mia curiosità. Ciò che spesso manca è il tempo per farlo!
Infine una domanda di rito: quali sono gli impegni futuri più importanti che l’attendono?
Maggio Fiorentino, Comunale di Bologna e tournée in Giappone, Staatsoper di Hamburg Kungliga Opera di Stockholm, Aalto Theater di Essen e la stagione 18/19 del Coccia! Tra le altre cose, ho in programma dieci produzioni verdiane in nove mesi, tra cui due debutti: Otello e Ernani.
Ecco, dovesse esistere il Paradiso, lo immaginerei più o meno così…