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Invelle Simone Massi

Invelle – la memoria italiana di Simone Massi

di Silvia Simonetti

Il 29 agosto corsi immediatamente nelle sale cinematografiche a vedere il film del pluripremiato regista d’animazione italiano: Simone Massi con il suo Invelle, presentato in concorso ad Orizzonti, alla Mostra del Cinema di Venezia 2024.
“Ero stanco di vedere un mondo così infame”, “addio cara Mamma”, “dove sei stato in tutto questo tempo?” quesiti che vengono rievocati attraverso tre generazioni di famiglie contadine che si trasformano come bucce di arance candite, cantilene dei grandi lavoratori della terra laddove la fatica iniziale era consumata dal tempo delle stagioni, dal piccone, dalla vangatrice, dagli animali al traino.

Natura sepolta e viva giocano un ruolo infinito e quasi leopardiano nella memoria più antica e sacrale italiana a partire dai primi anni Novanta fino alla fine degli anni Settanta, fine del buco nero della vita quotidiana agricola.
Il pergolese Simone Massi, con tutto il suo coordinamento d’animazione, le sue opere graffianti e segmentate da pastelli a olio stesi su carta, puntesecche e incisioni servono per delineare lo spessore profondo di raffigurazioni non soltanto metaforiche ma in ogni sua inquadratura escono ed entrano simbolismi potenti e incontrollabili come nelle sue realizzazioni, fondati su iniziali bozzetti e trasformati in cortometraggi: Piccola Mare (2003), La memoria dei cani (2006), Nuvole, mani (2009), Dell’ammazzare il maiale (2011, Vincitore del David di Donatello come miglior cortometraggio.)

Questa volta Invelle, ovvero in nessun luogo, è la forma etimologica dei dialetti marchigiani in cui tutta l’opera d’animazione si attinge a una lingua che diventa strumento di memoria musicale, laddove la voce è un sogno onirico, un desiderio voluto, un risveglio dedicato alla resistenza italiana vista attraverso gli occhi dell’innocenza rimasti orfani senza padri o madri, che sono dovuti crescere precocemente e i ricordi si trasformano una mancanza di unità generazionale.

L’identità negata dei volti è un ricordo piegato dal dolore e un perdono ancora da redimere, un disonesto limbo storico ma Simone Massi vuole ed esige che la memoria italiana possa ritornare in vita e non perdersi in un sudarium, laddove la morte veniva nascosta e mai messa in luce.

Mentre il regista italiano svela costantemente il vello d’oro della scomparsa, lo psicanalista italiano Massimo Recalcati intitolerebbe questa annientamento umano: La luce delle stelle morte. (2022).

“La prima forma della nostalgia è animata da una profonda volontà di ritorno a quello che essa vagheggia come un paradiso perduto” quest’ultima etica scritturale riprende in modo corrispondente il significato d’animazione di Invelle.
Il bianco e nero stilografico, cinematografico è per eccellenza la forma d’autore, laddove enfatizza la qualità dello stile narrativo che è destinato a essere ricordato negli anni avvenire e trasfigurare in una memoria collettiva e al di là del tempo.

L’Invelle di Simone Massi ha il duro compito di scaturire la forza della vita che appartiene alla sua funzione: la facoltà di ricordare perché non siamo fatti per morire e nemmeno per essere dimenticati.

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