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Io sono Tempesta

1 Giugno 2020
1.248 Views
di Noemi Stucchi

Dopo Chiamatemi Francesco (il film del 2015 su Papa Bergoglio), Daniele Luchetti torna con Io sono Tempesta (2018), commedia diretta e sceneggiata dallo stesso regista con Sandro Petraglia e Giulia Calenda.
Il titolo è altisonante e ricalca il nome di Numa Tempesta, il protagonista interpretato da Marco Giallini, ruolo che gli è valso la nominaton al Nastro D’Argento come “migliore attore in una commedia”.

Tempesta è un ricco e spregiudicato imprenditore che si destreggia nell’alta finanza. Con il fiuto per ogni tipo di affare, lucra sulla compravendita di alberghi di lusso. Abita in questi spaziosi hotel deserti nell’attesa di rivenderli agli acquirenti ma, nonostante tutti quei letti vuoti, non riesce a dormire.
È all’apice del successo quando l’ago della bilancia torna a chiedergli il conto. Sta per concludere una speculazione edilizia e petrolifera in Kazakistan quando una vecchia condanna per evasione fiscale del 2012 lo costringe a scontare un anno di servizi sociali in un centro di accoglienza romano per senza fissa dimora.

Le vicende del protagonista si scontrano con quelle di Angela, la direttrice del centro. Interpretata da Eleonora Danco, l’attrice si cala nei panni di una donna religiosa che fa del suo lavoro la propria missione. Dai saldi principi morali, si dimostra severa ma allo stesso tempo timida e fragile.
Tempesta non ha solo il compito di occuparsi dei bisogni dei senzatetto ma gli viene anche chiesto di provare “empatia” per loro. Solo così Angela metterà una buona parola per lui, giudizio da cui dipende il termine della pena.
Inizialmente ostile e respinto per la sua arroganza, Tempesta riesce a stringere amicizia con il gruppo e in particolare con Bruno (Elio Germano), un giovane padre ridotto al lastrico dai debiti di gioco che frequenta il centro con il figlio Nicola (Francesco Gheghi). L’incontro potrebbe essere un’occasione di rinascita all’insegna dei buoni propositi se non fosse che di mezzo c’è il denaro, una divinità a cui nessuno sembra esimersi.

Dietro a delle figure delineate come “il buono” e “il cattivo” si cela una complessità di sfumature.
Partendo dalla caratterizzazione di un protagonista cinico e spietato, non si riesce a giudicarlo del tutto colpevole. È circondato da donne ma è incapace di amare, è anaffettivo e malinconico, pieno di soldi ma con una vita vuota. Dietro la sua aggressività si nasconde un lato fragile, quello di un eterno bambino alla costante ricerca di approvazione da parte di un padre che non gli ha mai raccontato favole e che lo ha sempre chiamato “coglione”.
A rivelare questa sorta di complesso di Edipo è Radiosa (Simonetta Columbu), giovane escort notturna, allo stesso tempo studente di psicologia: «Il padre di Numa è sparito nessuno sa dov’è. Numa può fare tutti i soldi che vuole ma finchè non ricuce questo strappo non concluderà mai niente».

Bruno è il capogruppo dei senzatetto, l’alter ego del protagonista. È un buon padre, un personaggio positivo, sempre ottimista e con sentimenti profondi. Ma quando riceve in dono un pigiama di seta inutilmente lussuoso, comprende cosa significa essere visti dagli altri per ciò che si possiede e ne diventa insaziabile. Avvalendosi dell’aiuto degli altri, Bruno cercherà di aiutare Tempesta in cambio di un ricco compenso. È Bruno a sottolineare come loro due siano molto simili: «Macchè, te lo devo dire io? Te porto el mejo del peggio, io e te siamo fatti uguali ma la pasta è la stessa».

Tutti i personaggi mostrano un altro lato di se stessi. Il figlio di Bruno viene sedotto dai soldi facili tanto da lucrare su un affare che colpisce il protagonista nel vivo mentre l’incorruttibile Angela si lascerà sedurre dal carisma di Tempesta cedendo al fascino del potere, per poi ricredersi.
Il gruppo dei senzatetto cercherà di trarre beneficio dagli affari di Tempesta e dai suoi consigli spietati sul come fare i soldi al di là di ogni morale. Ben presto ognuno di loro si renderà conto di quanto può valere la facoltà di mettere “una buona parola” sulla sua buona condotta. Una presa di consapevolezza che darà adito a varie peripezie, in un gioco di reciproca intesa tra le parti.

L’accenno a tematiche come il raggiro, la speculazione della bolla finanziaria e il gioco d’azzardo scivolano verso un surreale lieto fine. Nonostante tutto, un avvenimento farà riscoprire a Tempesta un lato più umano di sé, mentre sembra aprirsi una nuova speranza per quei senzatetto di cui però rimane un incerto destino. Un finale apparentemente consolatorio che lascia l’amaro in bocca.
Senza calcare la mano, il film sospende ogni giudizio lasciando qualche spunto di riflessione sui grandi temi del denaro e dello squilibrio sociale. Il tono è farsesco, per un film divertente che si lascia guardare al di là di ogni pretesa:

«Penso sia arrivato il momento di dimenticarci che il cinema a sfondo sociale possa essere soltanto o politico o drammatico, dobbiamo renderci conto che possiamo usare invece il fondo reale per raccontare questi temi con il genere della commedia nell’obiettivo di far sorridere senza rinunciare ad una visione politica o artistica.»
[D. Lucchetti]

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