News
Marco Giallini (Marzo 6, 2025 12:02 am)
A Real Pain (Marzo 5, 2025 11:19 pm)
FolleMente (Febbraio 25, 2025 9:48 pm)
Paul Newman (Febbraio 19, 2025 9:54 am)
The Brutalist (Febbraio 10, 2025 9:44 am)
Isabella Rossellini (Febbraio 5, 2025 8:20 am)
ACAB – La serie (Febbraio 3, 2025 11:45 pm)
A Complete Unknown (Gennaio 26, 2025 9:36 am)

Michael Jackson on the Wall

25 Gennaio 2019
1.646 Views
da Eleonora Attolico

La mostra al Grand Palais di Parigi Michael Jackson on the Wall ripercorre l’influenza del cantante pop sull’arte contemporanea. Finisce il 14 febbraio ma ci  sarà  modo di vederla a Bonn alla Bundeskunsthalle (dal 22 marzo al 14 luglio) e, a fine anno, in Finlandia all’Espoo Museum of Modern Art ( dal 21 agosto al 26 gennaio 2020). Prima di Parigi era stata allestita a Londra alla National Portrait Gallery.Lo scopo della visita è capire quanto Michael Jackson sia stato e resta, ancora oggi, una fonte di ispirazione. The Wall, il muro, inteso come tela ma anche foto, disegni, sculture, installazioni e video. Tutto nasce nel 1982 quando Andy Warhol lo scelse per la copertina della sua rivista Interview. I due si conobbero a New York nel 1977 allo Studio 54, la discoteca più nota dell’epoca.

In mostra diversi ritratti di Jackson realizzati dal Maestro della Pop Art. Uno di questi, che tutti riconosceranno, diventò l’oggetto della copertina di Time nel 1984. Michael Jackson è stato un punto di riferimento nella musica, nei video clip, nella danza e nella moda. Da qui l’idea di esplorarne un altro aspetto e anche, a nostro avviso, il chiaro intento di attirare al Grand Palais, un pubblico diverso da quello che in genere si reca al museo. In effetti, durante la visita notiamo molti ragazzi e adolescenti, un popolo che di solito sbuffa quando viene trascinato a una mostra. Di motivi per sbuffare, in effetti, ne hanno data la poca quantità di video originali con il Moonwalk (la nota camminata strusciata). Rari anche i concerti del Re del Pop. Se di video si parla, sono piuttosto video installazioni e non sempre riusciti. Oltre quaranta artisti in mostra. Alcune opere sono state realizzate apposta per l’occasione come, ad esempio, la magnifica grande tela in bianco e nero di Yan Pei Ming, realizzata partendo da un manifesto pubblicitario degli anni Ottanta.

 

Pochi i grossi nomi presenti. Tra questi uno splendido quadro di Keith Haring ma anche un trittico di David LaChapelle. Inoltre Paul McCartny e David Hammons. Per capire il significato della mostra, occorre tenere a mente la biografia del cantante-ballerino dalla pelle nera man mano sbiancata. Michael Jackson (1958-2009) era nato a Gary in Indiana, città industriale del Midwest degli Stati Uniti. Il percorso dell’esposizione è al tempo stesso cronologico e tematico. Cerca di mettere in risalto le sensazioni che ha suscitato negli artisti. A pensarci bene, rari sono i cantanti identificabili dalla loro sagoma e dalla scelta degli accessori. Michael Jackson, invece, si  può associare ai mocassini ( come dimostra l’installazione di Appau Junior Boakye-Yiadom che vede le sue scarpe nere appese ai palloncini) o i guanti bianchi come lo raffigura il decoratore KAWS sulla copertina della rivista Interview poco dopo la sua morte avvenuta nel 2009. Spiega infatti KAWS:” Il guanto è un’immagine di forte impatto che identifica Michael Jackson. Mi è sempre piaciuta la sua capacità di appropriarsi di vestiti normali come potevano essere un guanto bianco, una giacca di pelle rossa, un paio di calzature qualsiasi. Addosso a lui, diventarono capi iconici”.

La mostra ci porta a riscoprire la sua parabola ascendente e discendente. Lo status di bambino prodigio quando cantava insieme ai fratelli, i Jackson Five. Alla fine degli anni Settanta il grande incontro e l’amicizia con Diana Ross.  Poco dopo nasce il primo album da solista Off the Wall del 1979 (Da qui anche il gioco di parole del titolo della mostra On the Wall). Si arriva ai successi planetari. Prima Thriller del 1982 (tra i dischi più venduti al mondo, vinse otto Grammy ed è ancora oggi il video più visto) e Bad che risale al 1987 coprodotto da Quincy Jones. Michael Jackson, a quel punto diventò un mito. A Londra, dopo il concerto a Wembley del 1988, fu ricevuto dalla regina Elisabetta. Sono gli anni in cui era sempre accompagnato dalla scimmietta Bubbles. In quello stesso anno, acquistò a Santa Ynez, in California, la villa Neverland Ranch. Elizabeth Taylor lo battezza il Re del Pop.

Con la sua Fondazione Heal The World, Jackson nel 1992 si propose di aiutare i bambini bisognosi invitandoli proprio a Neverland. Finanzia varie associazioni che aiutano i ragazzi vittime di guerra, miseria e malattia. Interessante è, a questo proposito, il punto di vista del fotografo David LaChapelle che considera Michael Jackson come un martire dei nostri tempi, un personaggio con un percorso quasi biblico. L’uomo più conosciuto del pianeta che si trovò, di colpo, accusato di pedofilia. Accusa infamante. Prima era idolatrato, poi disprezzato. Spiega il fotografo:” Non pretendo di rappresentarlo  come una figura religiosa o come un santo, ma lo considero una figura angelica che abbiamo deciso di perseguitare e crocifiggere”. Una interpretazione discutibile. Vale comunque la pena ricordare che il cantante fu prosciolto da ogni accusa di violenza sui minori, nel giugno del 2005. La sua morte causata da un infarto per overdose di pillole il 25 giugno del 2009 lascerà il mondo di stucco. La mostra parigina non insiste, giustamente su questo aspetto, ma ci lascia con sentimenti misti.

Da una parte l’ammirazione per il ballerino e cantante, dall’altra la scelta, talvolta curiosa, di opere che non possiamo considerare capolavori.

Lascia un commento