di Noemi Stucchi
Uscito ad ottobre su Netflix, ho appena rivisto Mio fratello, mia sorella, film diretto da Roberto Capucci.
Mio fratello, mia sorella, fratelli in doppia coppia.
Ci sono due ragazzi, Carolina (Ludovica Martino), un’adolescente in cerca della sua strada e Sebastiano, genio della musica classica affetto da schizofrenia (Francesco Cavallo, un attore che abbiamo appena visto in La scuola Cattolica).
L’altro duo è formato da Nikola (Alessandro Preziosi), un hippie che ha lasciato tutto per andare in Costa Rica e Tesla (Claudia Pandolfi), la mamma di Carolina e Sebastiano con un matrimonio sulle spalle andato in frantumi. Tesla e zio Nik formano insieme “Nicola Tesla”, un nome diviso in due, l’ uno un pezzo dell’altra. Curioso nome, per i due figli di un grande fisico.
Ma andiamo con ordine.

Credits: @Netflix
Tutto parte da qui, dal funerale di Giulio Costa, il grande e noto professore di fisica che è allo stesso tempo papà e nonno.
Al funerale ci sono tutti, nessuno escluso. Anche quello zio Nik (Alessandro Preziosi) che non si faceva vivo da vent’anni e che ha fatto perdere traccia di sé per andare lontano con il suo kite surf.
Che sia tornato per l’eredità è qualcosa che hanno pensato tutti, defunto compreso. È così che nell’atto notarile è prevista una clausola: l’eredità della casa divisa tra i due figli verrà spartita, ma prima di decidere cosa farne i due dovranno convivere per un anno sotto lo stesso tetto, proprio in quella casa in cui hanno condiviso i ricordi dell’infanzia.

Credits: @Netflix
Tutto questo succede nel breve lasso di tempo delle prime battute del film. Oltre alla base della trama, non racconterò di come queste siano solo le premesse di un film che diventa via via sempre più complesso. Il ritmo è incalzante, senza tempi morti per lo spettatore. I personaggi sono descritti con minuzia psicologica e acquisiscono spessore man mano che la storia va avanti.
Tra alti e bassi, dopo tanti anni la famiglia è di nuovo riunita. Dopo l’abbandono del marito, Claudia Pandolfi si trova da sola con due figli. Cerca di proteggere Sebba dal resto del mondo, proprio il figlio più bisognoso delle sue cure: un genio della musica classica che suona il violoncello come nessun altro dell’Accademia, ma affetto da una grave schizofrenia che lo porta a sentire voci e isolarsi da resto del mondo. Apprensiva, paranoica, triste e profondamente arrabbiata: uno stato d’animo, quello di Tesla, che ostacola i rapporti anche con la figlia Carolina.
In più adesso ci voleva anche lo zio Nik… un “irresponsabile”, ma anche l’unico che riesce portare in casa una ventata di aria fresca. Toglie Sebba da quella campana di vetro di protezione e lo sprona ad affrontare il mondo. Che lo zio Nik sia stato mandato da Marte proprio per questo? (Chi ha visto il film capirà la citazione).

Credits: @Netflix
Questo legame tra zio e nipote è forse la parte più intensa del film. A tratti dura e cruda, mette a nudo una realtà senza fronzoli. Merito agli attori (Alessandro Preziosi e Francesco Cavallo) che riescono a mettere in scena questioni delicate con sincera sensibilità.
La trama va avanti portando allo sviluppo emotivo di ogni personaggio, nessuno viene lasciato indietro.
I dialoghi sono tutti verosimili e a tratti commoventi, tengono lo spettatore incollato fino alla fine.

Credits: @Netflix
Non diremo di più, se non che Mio fratello, mia sorella è un film non leggero che non cerca ad ogni costo liete risoluzioni. Un film che riesce a ribaltare il punta di vista dello spettatore senza esclusione di colpi di scena, dove anche i colpevoli si dimostrano innocenti e viceversa.
Di fronte alle avversità c’è chi decide di partire, chi di restare.
Nonostante tutto, anche nei momenti più bui, per una famiglia che riesce a ritrovarsi c’è sempre una certezza, quella di saper di poter contare. Soprattutto su un fratello, una sorella.