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Nick Cave – This Much I Know to Be True

di Francesca Bianchessi

L’evento speciale Nick Cave – This Much I Know to Be True verrà presentato al cinema dal 23 al 25 Maggio. L’abbiamo visto in anteprima grazie a Nexo Digital.

In queste righe che seguono, proverò a parlarvi di un film documentario, uscito nel 2022 per la regia di Andrew Dominik. Certo come inizio è un po’ insolito: “proverò a parlarvi” non è ciò che ci si aspetta di solito da una recensione. Eppure non posso promettervi nulla di più perché questo film parla di musica e, quando si parla di musica, si può cercare di descrivere, di interpretare ma rimane sempre un abbozzo di ciò che si è udito, specie quando chi parla si è formato sulle immagini.
Ma, come detto, ci proverò.

Spinning song e Nick Cave

Non conoscevo bene Nick Cave. Musicalmente parlando ho incrociato i suoi pezzi di tanto in tanto, ma senza dedicarmi ad un vero ascolto. Quando ho saputo di questo film ho ripreso alcuni suoi pezzi, pochi e in maniera altrettanto distratta, fino all’ingresso in sala.
All’inizio del film ci si palesa un ceramista, nel silenzio: è Nick Cave che lavora nel suo laboratorio di ceramica ad una serie di sculture sulla vita del Diavolo. Per qualche ragione, mi è venuto in mente Daniel Day-Lewis che si fa assumere da un calzolaio di Firenze, per separarsi dalla carriera attoriale.
Ma ecco che quando vengono mostrate le ultime sculture, inizia a montare la musica. “Spinning Song”. Solo a quel punto ho capito quanto quel canto mi fosse rimasto sottopelle, nell’attesa di quella sorta di ritornello conosciuto ma di cui non conoscevo le parole.

Ecco Nick Cave musicista. Non è un artista comune, durante il documentario assisterete ad un suo concerto che in realtà, è il modo migliore per raccontarlo. La sua musica è eclettica, mischia tante cose e il suo canto sopra sembra di un bardo che racconta una storia mentre si sta svolgendo. Capite che a spiegarla serverebbero libri interi.

Warren Ellis

Nelle poche parti parlate del film è Warren Ellis a spiegarci come nascono questi pezzi: si trovano e per ore e ore improvvisano, sperimentano, si parlano con gli strumenti, cantano e alla fine, di tutto questo, salvano qualche momento. Sembrano due persone così diverse, anche se non proprio opposte, che il risultato poteva essere solo la meraviglia che sentiamo nel film, o un completo disastro.

Meno male che sentiamo meraviglia.

Tra l’altro, uno strano tipo di meraviglia perché, i sapienti giochi di luci fredde e calde, enfatizzano i movimenti degli strumenti, in questa chiesa usata come set per le riprese. Quindi un’atmosfera solenne e piena di luci, ma i testi di Cave hanno sempre temi distruttivi, di fine, di ricongiungimento. Gli stessi strumenti sembrano suonare la rottura e lo sgretolamento, creando un effetto di svuotamento.

Il concerto di Nick Cave

Ascoltare (e guardare) questo film è terapeutico.

Purtroppo come tutti i concerti devono finire. Come tutti i concerti anche questo sembra “finire sempre”: quando ascolti una canzone ti sembra l’ultima e poi ce n’è un’altra e poi un’altra. Direi però che, essendo la “fine” un tema portante delle musiche di Cave, qui non stona più di tanto.

Il mio consiglio è di farvi arrivare sotto pelle, com’è arrivata a me, queste note distruttive e, al contempo, spiritualmente cariche. Non temete di farvi investire da questi suoni. Fatevi curare dalla musica di Cave.

 

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