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Nicola Santini

Nicola Santini

di Noemi Stucchi

Docente, giornalista di costume, collezionista d’arte, scrittore, opinionista e personaggio televisivo, non necessariamente in quest’ordine. Nicola Santini è noto al grande pubblico per il bon ton e le buone maniere. Con specializzazione alla “Communication and media studies” alla New York University, con grande visionarietà Nicola Santini decide di portare la sua conoscenza in Italia affrontando un tema ancora poco trattato e conosciuto. Esperto di Galateo nel mondo degli affari, i suoi libri di etichetta applicati alla realtà del lavoro diventano uno strumento prezioso non solo per gli studenti di economia.

Non è solo questione di immagine, ma soprattutto di savoir fair.
Personaggio autentico, ironico e contro il politicamente corretto, Nicola Santini arriva al pubblico mostrandosi senza filtri con spontaneità e gentilezza.
Oggi attraverso l’uso dei social network Nicola Santini insegna come sapersi comportare in ogni circostanza,  da grande maestro dello stile qual è.

Nicola Santini. Crediti fotografici: Make Agency.

 

Nicola Santini fa rima con bon ton e galateo. Una volta hai detto che “la gente tende a scambiare la forma per formalità”.
Cosa sono per te le buone maniere e che importanza ha sapersi comportare al giorno d’oggi?

L’ho detto e l’ho anche sempre pensato. Amo decisamente la forma, il gusto delle cose fatte bene, la conoscenza del modo più adatto di porsi. La formalità invece è tipica di chi si trincia dietro ai modi per mettere una distanza tra la sostanza e la forma quando una delle due lascia a desiderare.
Per carità, meglio quello della cafonaggine, però pure certe maniere affettate…

Circa le buone maniere e la loro importanza al giorno d’oggi, sono sempre più convinto che proprio perché non siano più ritenute, ahimè, fondamentali, rappresentino veramente il tratto distintivo di chi merita considerazione e chi no.
Un buon abito oggi possono permetterselo tutti, se bastasse per fare il monaco, vivremmo praticamente in un monastero. E invece…

 

Sei molto attivo sui canali social network ma non ti definisci influencer.
Qual è il messaggio che vorresti rivolgere al tuo pubblico?

Non mi definisco influencer a causa di chi, definendosi influencer descrive una vita virtuale, fatta di regalie da parte di uffici stampa e moine ai ristoratori per andare a cena a scrocco, senza nessun impatto sul pensiero degli altri. Fin quando l’unità di misura saranno i like o i follower, vedremo un circo di improvvisati che stanno meglio nudi che vestiti ma raccontano di avere un significato sul fatturato, tutto ancora da dimostrare.
Io ho sempre comunicato, senza fronzoli per altro, l’importanza di qualcosa che non si compra, di conseguenza che non ha un ritorno immediato, come la buona educazione.
E sono troppo più attratto dall’arrosto per concentrarmi sul fumo.

 

Ultimamente attraverso le dirette Instagram hai iniziato la rubrica “le signore dello stile” e “la casa e il gentiluomo” che vede la presenza di una serie d’ospiti d’eccezione.
Come nasce questo progetto? Ce ne vorresti parlare?

Questo progetto nasce, come tutti i miei progetti, da una intuizione non troppo ragionata, che ha preso forma quando era già in atto. Negli ultimi anni faccio una vita molto lontana dalla mondanità che ha invece caratterizzato almeno una ventina di anni della mia vita.
Vivo su una scogliera a Trieste, parlo più con i cani che con le persone, tolte le incursioni in tv e qualche rara occasione con amici veri. Di sicuro non vado in giro per locali, e a Milano sto pochissimi giorni della settimana.
Il periodo di lockdown è stato per molti una doccia gelata. Per me è cambiato pochissimo. Ma mi sono reso conto di quanto per molti la casa sia vissuta come una prigione e mi è sembrato assurdo. Vero è che i life coach degli ultimi 20 anni hanno tampinato di messaggi come “life begins at the end of your comfort zone” però cavolo, cerchiamo di averla, una comfort zone, che sia degna di esser definita tale!
Ecco così che ho voluto coinvolgere amici speciali, con case speciali. E non è questione di soldi o vite da copertina. È anche vero che se uno spende tutto quel che guadagna in vestiti, poi non possa trascorrere una quarantena nella cabina armadio, però questa mezz’ora pensata per Instagram ha rappresentato e rappresenta per molti una fuga o un viaggio ispiratore nel bello, nel gentile e nell’allegro mondo dei miei amici, che spero sia servito a dare una visione diversa e qualche consiglio per vivere meglio questi giorni così inattesi e per molti, durissimi, a casa.

Nicola Santini, foto di Lavinia Oldani.

Abbiamo seguito la tua partecipazione “Da trash a chic” all’interno del programma televisivo “Detto fatto” condotto da Bianca Guaccero su Rai 2. Com’è stata questa esperienza?

A Detto Fatto ho avuto l’opportunità di veicolare le regole del galateo con una chiave ironica e pop. Bianca, una donna empatica e molto allegra, ha accolto l’idea con entusiasmo fin dalla prima puntata, prestandosi a fare la parte di quella che ha tutto da imparare, quando invece era preparatissima.

 

Tra i libri che hai scritto di quale sei più orgoglioso?

Indubbiamente del primo, Business+Etiquette, del 2003. È stato un po’ un primo figlio, mi ha aperto le porte della tv che è stata il mezzo più veloce per far capire quanto le buone maniere sul lavoro fossero un dato importante, mi ha portato a raccontarlo in cattedra alla Bocconi quando avevo 26 anni, nelle sedi più prestigiose di Confindustria, ed è stato un libro veloce, scritto in meno di una settimana. Oggi, più lentamente sto lavorando a una edizione aggiornata.

 

Parlando di un’aspetto meno pubblico e più privato, come affronti il lavoro di docente? Come credi ti vedano gli studenti e c’è qualcosa che vorresti dire loro in questo momento?

Insegno da 20 anni e se ne parla poco in effetti. Eppure è il lavoro forse meno retribuito ma che mi da più soddisfazione. Sono più un formatore che un docente, il mio approccio fin dal primo giorno è quello di chi non mette una distanza tra chi insegna e chi impara. Molti dei miei corsi nascono dalle domande di chi li frequenta. I miei sono studenti adulti, molti in cerca della prima occupazione, magari neolaureati, altri che a 50 anni e più, si stanno rimettendo in pista.
Il messaggio di oggi è quello di non mollare mai. Questo stop forzato ci sta dando la possibilità di reinventarci, di riscrivere le nostre regole, bisogna concentrarci sulle opportunità, non su ciò che ci viene tolto.

Nicola Santini con Svevo. Crediti fotografici: Melissa Marcello.

Cosa vuol dire che “Il galateo è l’ultima frontiera della trasgressione”?

La maleducazione è in tv, sul web, in Parlamento, a scuola e in famiglia. Il trasgressivo oggi, l’eccentrico, è quello educato, mica il buzzurro…

 

Da collezionista e intenditore d’arte contemporanea, quali sono i tuoi artisti preferiti e di cosa non potresti fare a meno?

Ho iniziato le mie collezioni con gli artisti di Piazza del Popolo, Mario Schifano, Franco Angeli, Tano Festa, poi Giosetta Fioroni, Renato Guttuso, conosciuti artisticamente nelle case di Marina Ripa di Meana e Marta Marzotto.
Ma la catena della storia dell’arte poi va avanti quindi grazie all’aiuto di una gallerista che frequento da quando avevo 15 anni, Susanna Orlando, ho imparato ad apprezzare e leggere con il giusto occhio, contemporanei ancora in piena attività come Pino Deodato, Lorenzo Lazzeri, Giuseppe Biagi, Roberta Busato, Giacomo Piussi di cui ho opere interessanti in ogni casa, alcune anche su commissione. Grazie ad Instagram invece ho conosciuto Tatiana Brodatch, Diana Cerne, Alessandro D’Aquila, Maurizio Baccili, Marco Petean, Ricky Antolini e Melissa Marcello, giovani, talentuosi, artisti che già parlano un linguaggio 4,0.

Non posso fare a meno dell’arte tutta intorno. In ogni parete che sia a Trieste, a Milano, o a Camaiore, nella mia casa di famiglia, ci sono pezzi di ogni artista che amo, appesi alle pareti in modo da imbattermi in essi anche quando mi giro di scatto, anche con lo sguardo disattento: non seguono l’architettura della casa, ma la regia dei miei pensieri, non sono pensati per la contemplazione, che non è la mia vocazione, ma per incrociare il mio sguardo, distraendolo possibilmente, quando è concentrato su altro.

Nicola Santini. Crediti fotografici: Christian Ciardella.

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