Ricordami domani,
che dovrei essere diverso da oggi
Ricordami domani
che ero giovane e perso
Ricordami domani
che è adesso non c’è più.
Ricordami domani,
che sei quasi morta,
Ma ora sei qui e mi stringi la mano.
Sharon Van Etten è una giovane cantautrice americana.
Eclettica, trasformista, ermeticamente produttiva.
Per arrivare a questo ultimo album, ha prodotto quasi 40 demo, dai quali ha scelto le dieci tracce che vanno a comporre Remind Me Tomorrow.
Il disco è prodotto da John Congleton, produttore americano rinomato per le sue sonorità elettro-pop.
Chiunque abbia ascoltato prima Sharon Van Etten potrebbe chiedersi se prima o poi riuscirà a scrivere un brano dalle atmosfere “felici”, ma credo che concentrarsi sulla natura dei brani di un artista sia alquanto futile.
Il viaggio artistico di Sharon è approdato nei lidi delle sonorità elettroniche, da lei poco battute prima d’ora. Gli arrangiamenti sono carichi, elettrici, aggressivi. La sua voce vi si immerge in un mellifluo andirivieni di soffici melodie, graffianti picchi vocali, flebili falsetti e cori ipnotici.
L’atmosfera è talvolta cupa, ricca di synth e suoni ritmici distorti. Sharon, come dichiara in un intervista online, ci invita a casa sua, a scoprire i suoi lati più nascosti.
Quell’angolo di casa dove teniamo dischi che gli altri non si aspetterebbero mai ci potrebbero piacere. L’autrice abbandona le sonorità acustiche del passato, sfida se stessa, si apre a noi ascoltatori.
Il disco è stato anticipato da due singoli. Il primo è stato Comeback kid, uno sguardo al passato dell’adolescenza, parla di perdersi e ritrovarsi.
Come secondo singolo Sharon ha pubblicato Seventeen, a sua detta una dedica alla città di New York, teatro della sua adolescenza. La città vista da un punto di vista giovanile, quando ci si sente ancora liberi per davvero, padroni del proprio destino, mentre la vita avanza e si diventa quasi l’ombra di se stessi. La melodia apre a un ritornello molto forte, aperto. Le note volano su un crescendo musicale incalzante.
Mi piace molto la scrittura di questo disco, i testi sono chiari, la poetica è schietta, l’uso di metafore è sottile. Si ha la sensazione che ci sia qualcosa di profondo nascosto, ma non c’è bisogno di scavare così tanto. La forma testuale è moderna e semplice, le strutture poco canoniche, ma assolutamente armoniose e funzionali.
I brani del disco sono piccole storie di tutti i giorni, sensazioni comuni ma fondamentali per le nostre esistenze. Glorificano quello che di più prezioso abbiamo. Storie del passato e del presente che contribuiscono in maniera significativa alle nostre esistenze. Non potremmo essere che questo.
L’autrice in Malibu racconta di come i più piccoli episodi in una coppia possano diventare pietre miliari in una storia d’amore o in generale nel cammino delle persone.
Van Etten in questo disco planando attraverso i suoi racconti ci conduce in volo verso la meta, quella libertà artistica che tutti i cantautori dovrebbero avere.
Un bel disco davvero.
Quest’anno vorrei inaugurare una playlist su spotify con tutte le nuove uscite che stuzzicano la mia attenzione.
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