di Federica Piergiacomi
Gennaio, volendo allargare un po’ il concetto, mese della memoria. Per celebrarlo in modo insolito quest’anno a teatro si può sbirciare dietro le quinte della storia con uno spettacolo che ha la funzione di permettere a tutti quelli che durante la Seconda Guerra Mondiale non c’erano di costruirsi una memoria civile, storia e radicata sul territorio.
Il Teatro della Cooperativa e il suo direttore artistico, Renato Sarti, impegnati da anni a dare al teatro anche un valore civile, rimettono in scena, con nuovi attori, un vecchio spettacolo Gorla, fermata Gorla.
Uno spettacolo che cerca di restituire una memoria cittadina degli eventi. Milano, il mattino del 20 ottobre 1944, alcuni aerei della Air Force, dopo aver compiuto una missione, scaricano, forse per sbaglio, alcune bombe residue sulla città. Una di queste finì proprio sul tetto della scuola elementare Francesco Crispi di Gorla, per un’assurda coincidenza di sfortunati eventi, la bomba si infilò nella tromba delle scale ed esplose nella cantina dove si erano rifugiati i bambini, uccidendone centoquarantaquattro.
Uno degli eventi più devastati accaduto alla nostra città durante la guerra.
Questo il fatto che viene narrato, tre i ruoli interpretati dagli attori, un’attrice fa da voce narrante, nella versione precedente era affidato alla tranquilla voce di Giulia Lazzarini, questa volta invece è l’energia di Nicoletta Ramorino a trasportarci in medias res della tragedia, quest’ultima si fa voce dell’accaduto, con precise descrizioni che hanno la forza di farti gelare il sangue nelle vene, a sostenerla nel duro lavoro altre due attrici, Federica Fabiani e Marta Marangoni, che vestite di bianco rievocano i bambini che sono morti in quella tragica mattinata.
La scena è semplice, un leggio, dei banchi e un tulle, lo spettacolo è complesso, sarebbe auspicabile portarlo in giro, ma forse è più vivo nelle immediate vicinanze del territorio che racconta. Renato Sarti, regista e insieme drammaturgo di questo spettacolo conferisce un’importanza estrema ad ogni parola e ad ogni gesto, tutto sembra studiato, calcolato con estrema lucidità, ma l’insieme di stimoli che ci torna indietro è semplice come un pugno nello stomaco. Non uno spettacolo allegro, ma sicuramente ben fatto, uno spettacolo che parla al pubblico e che prova a spingere lo spettatore a farsi portavoce della memoria di ciò che è accaduto, che è accaduto nel nostro passato, ai nostri genitori, ai nostri nonni, alla nostra città e ci aggiunge un piccolo tassello per completare il puzzle delle nostre esistenze.

Locandina dello spettacolo