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Se ami qualcuno dillo

di Guido M. Locati

Consigliamo questo bimestre la lettura del romanzo “Se ami qualcuno dillo”, scritto da Marco Bonini per i tipi Longanesi. L’autore è un attore professionista ed è al debutto assoluto come narratore. Ci fa piacere recensirlo per varie ragioni: è un bel libro, scritto in modo semplice ma non sciatto, e sfata molti luoghi comuni relativi agli attori. Il più diffuso? “Recito per vocazione e perché non sarei capace di fare altro”. Fateci caso, questa frase viene ripetuta, tipo mantra, nel novanta per cento delle loro interviste. Non si capisce, tra l’altro, se rappresenti un atto di umiltà o di falsa modestia. Ma, leggendo questo libro, capirete che il Bonini con i luoghi comuni di cui sopra non c’entra nulla. Sappiamo che è un esordiente dalla quarta di copertina, altrimenti non lo avremmo mai creduto. Last but not least è sceneggiatore e possiede una laurea in filosofia. Il suo romanzo ci racconta una storia familiare affascinante e che non mancherà di commuovere ed emozionare qualunque tipo di lettore. La vicenda è drammatica, almeno all’inizio, ma la narrazione non ha mai toni tristi o angosciosi. Ci pare piuttosto un inno alla vita e all’ottimismo e non vi fa difetto l’ironia. Un’ironia talvolta greve, in salsa romanesca (questa volta il luogo comune è di chi scrive). In due parole, proviamo a sintetizzare la trama, o almeno il nucleo centrale del libro.

Nell’estate del 2000 Marco, attore in attesa di una chiamata di lavoro, riceve una telefonata che non è quella sperata. Dall’altro capo del filo, infatti, Giulio, il fratello secondogenito, “da bambino genio di casa, quello che parlava come i grandi, poi la vittima, il minus habens da accudire e proteggere” gli annuncia che il loro padre Sergio, colpito da infarto, è ricoverato in un ospedale di Roma. Il collasso lascia in vita il corpo di Sergio ma resetta il suo cervello. Al risveglio, dopo un breve periodo di coma vigile, il vecchio Sergio, l’uomo tutto d’un pezzo che non sapeva fare una carezza ai suoi figli o dire ti amo a sua moglie, non c’è più. Apriamo una parentesi. La moglie Alba, o meglio, la ex moglie (“il soldato dell’amore, il rivoluzionario del rispetto”) lo aveva abbandonato per un altro uomo. Come darle torto? Leggiamo: “La sera del nostro matrimonio all’Olimpico c’era il derby. Tuo padre mi ha portato allo stadio con gli amici e neanche mi ha tenuto la mano, né mi ha abbracciato al gol della Roma. Lo dovevo lasciare subito, lo dovevo lasciare lì allo stadio. Si vergognava, capisci? E io ho il diritto di stare con qualcuno che non si vergogni di tenermi la mano o di abbracciarmi… anche quando segna la Roma”.
Ora però – dicevamo – il vecchio Sergio non esiste più. Al suo posto, un alieno surreale, giocoso, imprevedibile, come un bimbo che deve imparare da capo tutto del mondo degli uomini. Non sa leggere, né scrivere, ma ride, balla e se ne frega delle convenzioni. Dice quello che sente e non quello che ci si aspetta di sentirgli dire. Sfugge, beato lui, alle pastoie sociali del “dover essere”. Insomma “resettato” e redento. Leggiamo ancora: “Rianimazione, una parola che descrive alla perfezione ciò che sta succedendo a mio padre… ha perso l’anima e la sta ricostituendo”. Una lezione di vita per i suoi familiari e per il figlio Marco, voce narrante del romanzo. Ma anche per tutti noi un’occasione da non perdere. La vicenda – meglio precisarlo – è frutto della fantasia dell’autore, ma chissà quante persone potranno riconoscersi in questa saga familiare, specie nel rapporto tra padre e figlio. Padre? Definiremmo piuttosto il Sergio “prima maniera” un patriarca maschilista e anaffettivo. Un esempio? Del rapporto con la ex moglie abbiamo già accennato. Ascoltiamo ora Marco: “Ogni volta che vorrei dimostrargli il mio amore e la mia stima, il mio istinto è di abbracciarlo e baciarlo. Di saldare fisicamente quella comunione emotiva. Ma lui puntualmente, si rifiuta. Tra maschi non si fa, ripete, sempre definitivo. Tra maschi è vietato. Ma vale anche per i figli, papà? ‘Ste cose falle co’ tu’ madre, che je piacciono tanto, ‘ste smancerie da femminucce”. Non ci sarebbe bisogno di aggiungere altro. Ancora, a chi non è mai capitato talvolta di sentirsi il padre del proprio padre? “Praticamente lo dobbiamo rieducare!” riassume Marco, al termine del bollettino medico definitivo. “Be’, già che ce stamo, magari ‘sta volta lo rifamo mejo!” scherza il fratello Giulio.

Ma il romanzo non è solo questo, altri protagonisti faranno da costante contorno alla vicenda principale. Qui possiamo solo accennare a qualcuno di essi. Della madre Alba si è già detto: “praticamente non ha vizi… è ancora oggi un ottimo affare per chiunque!… Per affrontare il mutuo Sergio e Alba avevano fatto una rigidissima spending review… che prevedeva la rinuncia alle gomme americane per mia madre… intervento economicamente insignificante, ma quelle due o tre gomme alla settimana erano veramente l’unico spazio di superfluo…” Poi c’è Gabriella (che diventerà, durante la riabilitazione, solo “Gabricell”), compagna di Sergio, la ragazza che stava facendo l’amore con lui al momento dell’infarto, la donna che per prima ha avvertito Giulio. La donna che pian piano saprà conquistare l’affetto e la stima di tutta la famiglia. Eppure l’inizio era stato, a dir poco, raggelante. Un esempio? Quando Riccardo, il dottore, spiega ai familiari che in rianimazione può entrare solo una persona per volta ecco farsi avanti il primogenito Marco “Entro solo io, Gabriella, tu non c’entri niente… Lei abbassa la testa ferita. Non può fare altro che prendersi quello schiaffo. Mia madre mi guarda trionfante, ma incassa solo una vittoria stupida, da dispettuccio tra compagni di banco delle elementari. Certamente oggi, alla luce di quel che successe poi, la farei entrare…”. Indimenticabili, poi, gli zii Nestino e Nestina. Da bambini, abitavano nello stesso palazzo, ma lei, figlia di un gerarca fascista, ai piani alti (le “case belle”), lui, di umili origini, doveva accontentarsi dei piani bassi. Giocavano insieme in cortile ma con una differenza.
Nestina, fortunata, mangiava panini al salame, Nestino, invece, doveva accontentarsi di panini imbottiti di zucchero e… ghiaccio. Ma ecco il capolavoro. Convincere l’ingenua Nestina che il suo panino era più buono e, con l’aria di farle un favore, proporre lo scambio. “A poco a poco la sua fama raggiunge l’attico, convincendo il perfido gerarca a concedergli addirittura la preziosa mano della giovane italiana più bellina del 359, nonché sua emerita figlia, Ernestina. Quando si dice la scaltrezza dei poveri…”.
Interessante anche la storia d’amore tra Marco e l’americana Scarlet. Nasce in modo curioso: al desk di un volo Ryanair Londra-Roma, Marco si prende una cotta immediata per una bella ragazza lì accanto “sicuramente straniera… inglese o forse scozzese”. È fortunatissimo, o almeno così sembra. Sale sull’aereo e la ragazza è seduta proprio accanto a lui. “N’do scappi? Pe’ tetti? Sei presa!, penso da spavaldo antico romano mentre mi siedo con fare cordiale e gentile. Lei mi sorride appena”. Al termine del suo lungo monologo Marco scopre che lei non è scozzese ma romana. E non finisce qui: “Guarda, sei simpatico, ma lascia perdere con me… sono fidanzata ufficialmente e forse il prossimo anno mi sposo… Però ho un’amica che è perfetta per te!”. Il lettore avrà già capito: L’amica è Scarlet. Conclude Marco: “Mi scrive il numero di telefono di quella che sarebbe diventata la madre dei miei figli”.
Già, figli! Ne avranno ben tre, prima che la loro storia finisca. Come ne finiscono tante, troppe. Il lettore scoprirà perché. Ma qui c’è qualcosa di diverso: “Non siamo riusciti a rimanere insieme come sognavamo, ma non siamo neanche scappati l’uno dall’altra…Nessuno ci capisce niente con il nostro rapporto, soprattutto le amiche di nostra figlia. Non capiscono se stiamo insieme o no…”.
E una frase, pronunciata da Marco poco prima, dovrà far riflettere tutti noi: “Anche se non siamo più una coppia, siamo ancora una bella famiglia”.
Lasciamo finalmente il lettore in compagnia di questo romanzo catartico. Nel nome del padre.

 

Titolo: Se ami qualcuno dillo
Autore: Marco Bonini
Genere: romanzo
Editore: Longanesi
Pagine: 271

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