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Vermiglio

Vermiglio

di Noemi Stucchi

Abbiamo visto Vermiglio, il secondo lungometraggio di Maura Delpero presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2024, film vincitore del Leone d’Argento.

Ci viene subito in mente il freddo del Passo del Tonale e Vermiglio con i suoi fiori viola. Per chi è stato a Vermiglio e conosce questi sentieri della Val di Sole, sente ancora il richiamo secolare della sua storia bellica, dal Forte Strino al Sacrario militare del Tonale, alla galleria multimediale “Suoni e voci della Guerra bianca” che si trova al Passo Paradiso verso il ghiacciaio.
La guerra diventa una presenza lontana, a cui si lega uno scenario mitico. Presente e distante, la guerra ha intriso la storia degli uomini.

Nel film di Maura Delpero la guerra è un presenza distante, non viene raccontata da vicino ma la sua influenza impregna la vita degli uomini. Una presenza misteriosa, così come è l’uomo venuto dalla Sicilia , dalla terra dell’estremo sud che è la stessa delle arance. Quel Pietro, un disertore, dall’aspetto misterioso, che porterà ad intrecciare la sua vita con quella di Vermiglio.

Questo film alterna attori professionisti e abitanti locali (il film è in dialetto sottotitolato) e la regista ripercorre le proprie origini per guardare ai paesaggi innevati e suggestivi del Trentino come protagonista stesso delle vicende umane che in questa terra si intrecciano. Vermiglio non è solo sfondo, ma un elemento vivo e intrinseco alla narrazione. In alcuni aspetti, per il suo ritmo introspettivo mi ha ricordato molto il film Le Otto montagne che abbiamo recensito qui.

Motore trainante della narrazione è la storia di Lucia e Pietro, ma ad imbastire la trama sono tante microstorie che si muovono in parallelo con uno sguardo ai dettagli.

Tommaso Ragno interpreta il maestro, una figura complessa mossa da alti principi morali; eppure anche lui non si può sottrarre dall’errore di giudizio. Il progresso, l’educazione civile e l’insegnamento si scontra con la vita domestica in cui regnano i principi educativi patriarcali, radicati nella mentalità e nella tradizione sociale. Ad emergere è la condizione delle donne del villaggio, spesso relegate a ruoli silenziosi.

É passato un po’ di tempo ma alcune scene restano impresse, come quella della vacca da latte munta da una donna gravida. Un’immagine potente che livella le due figure femminili, bestie procreatrici. Anche Lucia, nel momento più oscuro della sua vita cercherà rifugio in una stalla forse per sentirsi meno sola.

Un’altra scena che emerge con particolare intensità è quella in cui il maestro porta il vinile a scuola per far ascoltare agli studenti Le quattro stagioni di Vivaldi. Questo momento diventa un vero e proprio punto di svolta, dove la musica risveglia l’immaginazione e l’ambientazione montana torna ad avere un ruolo centrale e dominante nella narrazione.

Dopo un evento cruciale che sconvolge la vita di Lucia, sembra che il tempo si fermi per lei, sospeso tra dolore e attesa. Tuttavia, la vita continua a fluire attorno a lei e con l’avanzare della primavera inizia anche la sua metamorfosi. L’evoluzione della montagna, con i suoi cicli naturali, diventa un riflesso del percorso interiore della protagonista: il suo affetto, una volta represso dal dolore, sboccia progressivamente come un fiore. L’elaborazione del lutto e la rinascita di una nuova vita. A vincere è l’amore materno, di una mamma per la sua bambina, nonostante tutto.

Con la fine della guerra e l’arrivo delle nuove stagioni, la vita sembra gradualmente riprendere forma anche per le altre protagoniste che iniziano a trovare la forza per riappropriarsi delle proprie esistenze. La storia di Ida si sviluppa intorno al conflitto tra la sua mediocrità percepita e i sogni che nutre nel profondo. In parallelo, si snoda una tormentata vicenda d’amore che riflette la ricerca di identità e il desiderio di essere autentici.

Tuttavia, il desiderio di libertà personale si scontra costantemente con le aspettative della società, intrappolata in uno spirito moralista e giudicante. Questo controllo invisibile, imposto dalle tradizioni e dalle convenzioni sociali, appare come una forza immutabile e pervasiva, una legge non scritta che governa le vite di tutti, soffocando chiunque cerchi di affermarsi per ciò che è veramente.

“Vermiglio” è un film che invita alla riflessione, presentando scene di rara bellezza e spontaneità, in cui si celebra la fratellanza, la spiritualità e la speranza, nonostante il bigottismo. Le buone intenzioni di ogni personaggio, ciascuno con la propria morale e visione del mondo, si sviluppano in un ritmo volutamente lento che crea lo spazio necessario per l’elaborazione di eventi sconvolgenti.

Attraverso questo tempo sospeso, si assiste alla nascita di un amore che, come la primavera, sboccia in modo delicato e inatteso.

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